La vendita è un contratto frequentemente utilizzato per lo scambio di beni con il quale il venditore si impegna a consegnare una cosa al compratore dietro pagamento del prezzo.
Non vi è l’obbligo di trasferire la proprietà della cosa perché il trasferimento si verifica nel momento in cui si raggiunge l’accordo, salvo eccezioni che non sono oggetto di questo breve scritto.
Tra gli obblighi del venditore vi è, però, non solo la consegna della cosa la cui natura giuridica è stata oggetto di un vivace dibattito dottrinale, ma anche quello di garantire (art. 1476, n. 3 codice civile) il compratore dall’evizione (di cui non parleremo) e dai vizi della cosa.
LA GARANZIA PER VIZI DELLA COSA
La presenza di vizi sulla cosa scambiata incide sugli interessi dei contraenti alterandone l’equilibrio.
Questi vizi possono essere delle semplici imperfezioni, ma anche mancanze di qualità essenziali o qualità promesse dal venditore.
Il venditore deve garantire al compratore che il bene sia immune da vizi o che abbia le qualità promesse.
QUALI SONO I VIZI PER CUI OPERA LA GARANZIA?
Il sistema attuale riconosce tre distinte figure di difformità:
il vizio (difformità) della cosa che attribuisce al compratore l’azione redibitoria, atteggiata anche come azione di risoluzione anche in difetto di colpa del venditore, e l’azione estimatoria (di riduzione del prezzo), entrambe sottoposte a brevi termini di decadenza (otto giorni dalla scoperta del vizio) e di prescrizione (un anno dalla consegna);
la mancanza di qualità (art. 1497 codice civile), che legittima la risoluzione del contratto secondo le disposizioni generali dell’inadempimento contrattuale ma soggetta agli stessi termini di decadenza e prescrizione stabiliti dall’art. 1495 codice civile per la redibitoria;
l’aliud pro alio, ovvero la consegna di cosa diversa rispetto a quanto pattuito, che dà vita alle ordinarie azioni previste in caso di responsabilità contrattuale, ossia l’azione di adempimento, l’azione di risoluzione e quella di risarcimento del danno.
I vizi sono le imperfezioni e i difetti materiali della cosa, inerenti il processo di produzione e conservazione della cosa medesima, tali da incidere in modo apprezzabile alla sua utilizzabilità o valore per cui non sono ricompresi: a) quelli relativi alla condizione giuridica della cosa; b) i vizi del diritto per i quali opera il rimedio dell’evizione, degli oneri gravanti la cosa di cui all’art. 1489 c.c.; c) l’aliud pro alio datum.
I difetti di qualità sono mancanze di funzionalità, utilità o pregi che influiscono sulla classificazione di un tipo rispetto ad un altro, pur nell’ambito dello stesso genere. Si tratta di mancanze che vanificano la generica idoneità del bene a soddisfare i bisogni prefigurati o la privano di attributi oggetto di uno specifico impegno contrattuale. Si pensi alla vendita di beni di lusso ove il pregio non è legato solo alla qualità del materiale impiegato ma anche alla particolare accuratezza nella trasformazione o confezionamento.
Si intende per aliud pro alio la consegna di una cosa diversa da quella pattuita. In questo caso non si tratta di cosa che, benché affetta da vizi o con mancanza di qualità, resta pur sempre appartenente al genere promesso, ma di cosa diversa da quella pattuita.
L’operatività della garanzia da vizi presuppone la preesistenza del vizio o quantomeno delle cause che lo ha determinato perché se insorto successivamente al trasferimento del diritto e prima della consegna del bene si concretizza, purché imputabile al venditore, in un inesatto adempimento della prestazione di consegna, legittimante da parte del compratore il ricorso agli ordinari rimedi contrattuali.
Ma che cos’è la garanzia per vizi della cosa?
Nato, come istituto, nell’esperienza giuridica romana, è il complesso dei rimedi, attribuiti al compratore dagli artt. 1490 – 1497 del codice civile, al fine della miglior tutela del suo interesse all’esatta attuazione del programma negoziale.
La disciplina della garanzia per vizi mira a consentire il riequilibrio del sinallagma contrattuale alterato dalla presenza del vizio.
La sua esistenza consente al compratore di una cosa con preesistenti imperfezioni materiali che ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore o lo rendono inidoneo all’uso cui è destinato di chiedere, alternativamente:
la risoluzione del contratto (azione redibitoria);
la riduzione del prezzo (azione estimatoria o quanti minoris).
Riguardo ad un bene non ancora trasferito, perché promesso in vendita, il compratore interessato al perfezionamento del contratto definitivo di vendita della cosa con vizi può chiedere, congiuntamente e cumulativamente, la conclusione della vendita e l’eliminazione dei vizi in alternativa alla riduzione del prezzo
La risoluzione del contratto è l’unica possibile nell’ipotesi di cosa perita a causa dei vizi.
Nell’ipotesi di accoglimento della richiesta di risoluzione al venditore verrà restituita la cosa venduta e al compratore il prezzo corrisposto unitamente alle spese sostenute per la vendita.
E’ possibile, invece, solo la riduzione del prezzo, nell’ipotesi di perimento della cosa dovuto, però, a caso fortuito o a colpa del compratore oppure nell’ipotesi in cui la stessa sia stata da quest’ultimo trasformata o venduta.
Il codice civile la descrive come una obbligazione di garanzia ma ritengo sia più ragionevole ritenere che si tratti di una “responsabilità (del venditore) per vizi della cosa”.
LA GARANZIA OPERA SEMPRE? PUO’ LIMITATA O ESCLUSA?
La garanzia non opera rispetto a vizi apparenti o conosciuti o facilmente riconoscibili , salvo:
il venditore non abbia dichiarato espressamente che la cosa è esente da vizi (art. 1491 codice civile);
il venditore li abbia occultati;
riguardino merce da trasportare che il compratore non ha potuto vedere prima della consegna.
E’ riconoscibile il vizio avvertibile con un esame, anche superficiale, del bene.
Una peculiarità della disciplina della garanzia per vizi, laddove operante, rispetto a quella per evizione, è la sua derogabilità convenzionale.
I contraenti possono, di comune accordo, ridurre parzialmente la garanzia o escluderla, oppure possono prevedere ulteriori rimedi in caso di vizi quale, ad esempio, l’azione di esatto adempimento.
Perché produca effetti occorre che la disciplina convenzionale derogatoria della garanzia per vizi:
non sia stata stipulata dolosamente dal venditore tacendo in mala fede i vizi non facilmente riconoscibili a lui noti;
sia approvata specificatamente per iscritto dal compratore ai sensi del secondo comma dell’art. 1341 codice civile.
Controversa è l’ammissibilità e rilevanza di una clausola tacita di esclusione della garanzia nella vendita di prodotti di “seconda mano” o “dichiaratamente difettosi” o di “veicoli d’occasione”.
Ritengo non si possa pretendere la garanzia per i ferri vecchi, ma può ragionevolmente escludersi l’operatività della garanzia per i veicoli d’occasione qualora affetti da vizi non facilmente riconoscibili e non dovuti al normale logorio del bene usato?
COSA FARE IN PRESENZA DI VIZI NELLA COSA?
Il compratore, che abbia acquistato il bene nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, davanti ad un bene viziato, per far valere la garanzia del venditore deve:
denunciare il vizio, a meno che il venditore non lo abbia espressamente riconosciuto, entro otto giorni dalla scoperta, salvo non sia stato pattuito un termine diverso dalle parti o dalla legge e
esercitare l’azione (redibitoria, estimatoria o quanti minoris) nei confronti del venditore entro un anno dalla consegna salvo non sia convenuto da quest’ultimo per il pagamento del prezzo perché in tal caso la garanzia può essere fatta valere anche dopo l’anno, purché il vizio sia stato tempestivamente denunciato (art. 1495, ultimo comma, codice civile).
Può agire, altresì, cumulativamente e autonomamente per il risarcimento del danno allorquando il venditore non provi di aver senza colpa ignorato i vizi della cosa.
In altri termini il compratore, sussistente la colpa del venditore, avrà diritto, tanto nell’ipotesi di accoglimento della domanda di risoluzione, quanto di quella di riduzione del prezzo, anche al risarcimento dei danni subiti per la mancata attuazione del contratto e di quelli derivanti dalla cosa viziata o dai suoi vizi (art. 1494 c.c.).
L’azione di risarcimento del danno, da promuoversi nel termine prescrizione quinquennale operante in caso di fatto illecito aquiliano, è volta a reintegrare il compratore delle spese occorse per eliminare il vizio nonché al ristoro del pregiudizio conseguente alla mancata utilizzazione, anche parziale, del bene, e di quello consistente nel lucro impedito dalla impossibilità di rivenderlo; sicché può accadere che il danno risarcibile risulti di importo anche superiore al valore commerciale del bene stesso.
Il danno può essere fatto valere non solo dal compratore ma da qualsiasi terzo danneggiato dal bene difettoso.
Da ultimo si rappresenta che nelle vendite di cose di consumo la disciplina fino ad ora esaminata non trova applicazione essendo contenuta nel Codice del Consumo che detta una disciplina di favore nei confronti del consumatore perché ritenuto contrattualmente “debole”.
24 giugno 2021
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L'avv. Riccardo Renna è socio amministratore di Renna studio legale. Ha frequentato la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali ottenendo la qualifica di Specialista. Da oltre dieci anni è consulente di fiducia di centinaia di imprese con affari in Italia. E' Partner 24 ore avvocati esperto in diritto civile e commerciale.
È iscritto nell'Albo Speciale degli Avvocati ammessi al patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione e alle altre Giurisdizioni Superiori.
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