1. PREMESSA.
Succede normalmente che la banca (o la finanziaria) richieda, ai fini della concessione del prestito, la stipula di una o più assicurazioni che la coprano dal rischio che, per eventi accidentali, chi ha ottenuto il finanziamento non sia più in grado di restituirlo.
Si pensi al caso in cui un soggetto, a causa di un grave incedente, diventi del tutto inabile al lavoro; oppure, ancora, al caso in cui un soggetto perda il posto di lavoro.
Allora, la banca fa normalmente stipulare, al soggetto richiedente il prestito, una polizza assicurativa che vede lei come beneficiaria, coprendola dal rischio del verificarsi di eventi come quelli sopra esemplificati.
2. LA QUESTIONE.
Queste polizze assicurative si considerano o no ai fini del calcolo dell’usura?
Si tratta di una questione che ha creato un ampio contrasto in giurisprudenza.
La Corte di Cassazione è intervenuta più volte, da ultimo con la sentenza n. 17466/2020, per dettare dei criteri di comprensione della questione in esame.
3. LE CONSEGUENZA DELL’USURA.
Perché è importante capire se un tasso è usurario? E, quindi, di conseguenza, perché è importante capire se un costo possa o meno essere considerato nel calcolo dell’usura?
Perché è prevista una conseguenza molto grave nell’ipotesi in cui un tasso sia accertato come usurario. Oltre a costituire un reato, l’usura ha un fortissimo impatto anche sul piano civilistico.
L’art. 1815, co. 2, c.c. stabilisce che: “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.
Cambia radicalmente, quindi, l’entità monetaria da rimborsare. Dovrà essere rimborsata solo la somma capitale, mentre tutti gli altri costi legati al prestito, comprese le spese di assicurazione, non saranno dovute.
E, se già versate, verranno computate al capitale da rimborsare.
E, se sono state già interamente versate le rate del mutuo, si avrà diritto alla restituzione delle somme versate eccedenti il capitale.
4. LE NORME DI RIFERMENTO.
Sono due le norme a cui fare riferimento per stabilire se un tasso è o meno usurario.
- La n. 108/1996, il cui art. 2 individua la soglia non superabile nel tasso medio. Questo tasso viene rilevato trimestralmente dal Ministero del Tesoro (oggi MEF), sentiti la Banca d’Itala e l’Ufficio italiano dei cambi, aumentato della metà.
- L’art. 644 c.p., comma 4, come novellato dalla legge citata sopra (L. n. 108/1996). Questa norma prescrive che: “Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.
5. IL PRINCIPIO DI ONNICOMPRENSIVITA’ DEI COSTI.
La norma richiamata per ultimo, ovvero l’art. 644 c.p., ci dà una importante indicazione per risolvere la questione che è stata posta sopra.
Ci dice infatti che, per stabilire se un tasso di interesse sia o meno usurario, non basta guardare al tasso nominale previsto nel contratto. Sarà necessario tenere conto anche delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese collegate alla erogazione del credito, escluse quelle per imposte e tasse.
Si tratta appunto del principio di onnicomprensività dei costi, in forza del quale, ai fini della valutazione dell’usura, dovrà tenersi conto di ogni costo collegato alla concessione del credito.
Bisogna, in altri termini, capire se una determinata voce di costo possa dirsi o meno in collegamento con la operazione di credito, nel senso che sia posta come necessaria per ottenere la concessione del prestito.
6. IL CASO DECISO DALLA CASSAZIONE.
La Cassazione, con la sentenza citata sopra, ha affrontato il seguente caso.
Un signore, tal Luigi (nome di fantasia), aveva ottenuto l’erogazione di un finanziamento, previa cessione del quinto dello stipendio.
Solo dopo la stipula del mutuo, scopriva che, a dispetto di quanto previamente assicurato dalla società mutuante, oltre agli interessi, erano state addebitate le somme di Euro 6.123,41 per “commissioni cessionario”, di Euro 636,00 per “commissioni agente/mediatore creditizio/altro intermediario/finanziario” e di Euro 1.146,96 per “costi assicurativi”.
Luigi citava in giudizio la finanziaria chiedendo che fosse accertata la natura usuraria del tasso di interesse applicato e che, ai sensi dell’art. 1815, co. 2 c.c., fosse dichiarato non dovuto l’importo eccedente la somma di Euro 11.920,58, effettivamente chiesta in prestito.
Luigi vinceva in primo grado, ma perdeva in appello. Decideva quindi di fare ricorso in Cassazione.
La finanziaria si difendeva davanti alla Corte di Cassazione sulla base di questi argomenti:
- Nel momento in cui era stato stipulato il mutuo, erano valevoli le indicazioni di Banca d’Italia, la quale solo successivamente alla stipula del mutuo contratto da Luigi (dicembre 2009) aveva ritenuto di includere nel tasso effettivo globale (TEG) il costo dell’assicurazione;
- L’assicurazione era prevista, in via obbligatoria, per l’ipotesi di prestito con cessione del quinto, dalla L. 180 del 1950. Non dipendeva quindi da una scelta di chi aveva prestato le somme e doveva considerarsi a favore di entrambe le parti, e non di una soltanto.
- Le istruzioni della Banca d’Italia (nonché i decreti del MEF) dovevano considerarsi vincolanti perché sono una fonte normativa tecnica secondaria autorizzata dalla normativa.
7. LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE.
La Cassazione non ha condiviso gli argomenti esposti dalla finanziaria.
Perché?
Perché la Cassazione ha appunto ricordato che, per la valutazione dell’usura, occorre computare ogni costo collegato alla erogazione del credito, indipendentemente da come lo si chiami. Al fine di impedire, tanto prevedibili quanto agevoli, aggiramenti del divieto di usura si dovrà, difatti, prescindere dal nome con il quale il contratto qualifica la dazione. Ciò che basta è che il costo sia collegato all’operazione di credito.
E non vi sono dubbi – sostiene la Cassazione – cha l’assicurazione sia una spesa (a qualsiasi titolo dice la legge) collegata alla “erogazione del credito”.
La sussistenza del collegamento – aggiunge la Cassazione – può essere dimostrata con qualsiasi mezzo di prova ed è presunta nel caso di contestualità tra la spesa di assicurazione e l’erogazione del mutuo.
Quanto alla portata vincolante delle istruzioni della Banca d’Italia, la Cassazione ha avuto premura di chiarire che l’unico compito della Banca d’Italia è di determinare il TEGM, facendo le rilevazioni trimestrali. Non ha invece il compito di stabilire quali sono le voci di costo da considerare ai fini dell’usura, dal momento che ciò trova già compiuta descrizione e disciplina nell’art. 644 c.p.
Non può, peraltro, una fonte secondaria prevalere su una fonte primaria, ovvero l’art. 644 c.p.
La Cassazione ha infine aggiunto che l’assicurazione obbligatoriamente prevista dal D.P.R. n. 180 del 1950 (art. 54) garantisce chi dà in prestito il denaro nel caso in cui, per qualsiasi ragione, venga a mancare la disponibilità dello stipendio di chi ha ricevuto in prestito la somma. è dunque a beneficio solo di chi fa concede il prestito e non di entrambe le parti, come sostenuto dalla finanziaria.
8. CONCLUSIONI
Stando così le cose, è agevole comprendere perchè sia importante capire quali sono le voci di costo da considerare nella valutazione dell’usura.
Le conseguenze sono infatti decisamente rilevanti.
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L'avv. Alessandra De Benedittis si occupa di diritto civile, commerciale e societario. Nel 2009 consegue la laurea specialistica cum laude in Giurisprudenza presso l'Università del Salento e nel 2012, dopo l'abilitazione alla professione forense, entra a far parte dello studio. E' specializzata nel contenzioso civile e presta assistenza legale stragiudiziale e contrattuale per decine di PMI.
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L'avv. Alessandra De Benedittis si occupa di diritto civile, commerciale e societario. Nel 2009 consegue la laurea specialistica cum laude in Giurisprudenza presso l'Università del Salento e nel 2012, dopo l'abilitazione alla professione forense, entra a far parte dello studio. E' specializzata nel contenzioso civile e presta assistenza legale stragiudiziale e contrattuale per decine di PMI.