La Cassazione, con l’ordinanza n. 32134/2019, ha decisamente invertito il proprio consolidato orientamento in tema di responsabilità del cessionario per i debiti anteriori al trasferimento.
Il cessionario è l’acquirente dell’azienda, colui che ne diviene il nuovo titolare a seguito del suo trasferimento.
Ebbene, nella ordinanza in commento, si è stabilito che il cessionario risponde dei detti debiti non solo quando essi risultino dalle scritture contabili obbligatorie, come previsto espressamente dall’art. 2560 c.c., ma anche quando, pur non risultando da queste ultime, emerga, nel corso del processo, la concreta consapevolezza di tali debiti da parte del cessionario stesso.
In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la decisione della Corte d’Appello di Milano che, in mancanza delle scritture contabili, aveva respinto la domanda della creditrice nei confronti della cessionaria. La Cassazione ha sul punto sottolineato come la Corte d’Appello avesse errato a non considerare le evidenze processuali dalle quali risultava che la cessione dell’azienda – in favore di società di nuova costituzione, con la stessa compagine sociale, per l’esercizio della medesima attività e con trasferimento della clientela – era stata utilizzata come strumento fraudolento per spogliare la società debitrice di ogni attivo, precludendo in tal modo il recupero del credito.
Ciò detto in via di premessa, ripercorriamo insieme l’orientamento seguito dalla giurisprudenza prima di approdare alla pronuncia in esame.
L’ORIENTAMENTO TRADIZIONALE DELLA CASSAZIONE.
La Corte di Cassazione è sempre stata determinata nel sostenere che l’iscrizione nei libri contabili obbligatori dell’azienda fosse “un elemento costitutivo essenziale della responsabilità dell’acquirente dell’azienda per i debiti ad essa inerenti“. Ha sempre ritenuto pertanto che tale elemento non potesse essere in alcun modo sostituito da altri mezzi di prova in considerazione della natura eccezionale della disposizione contenuta nell’art. 2560, co. 2 c.c.
Una simile posizione veniva giustificata dall’esigenza di garantire al cessionario una precisa cognizione dei debiti assunti con il trasferimento.
Ne discendeva, quale logico corollario, che chi volesse far valere il proprio credito contro l’acquirente dell’azienda avesse “l’onere di provare, fra gli elementi costitutivi del proprio diritto, anche detta iscrizione e il giudice, se non può effettuare d’ufficio l’indagine sull’esistenza o meno dell’iscrizione medesima, ben può d’ufficio rilevare il fatto che quest’ultima quale elemento essenziale della responsabilità del convenuto non sia stata provata“.
L’unico modo a disposizione dei creditori del cedente per agire nei confronti del cessionario e vedersi accogliere la relativa domanda di condanna nei confronti di quest’ultimo era dunque dimostrare l’esistenza di una iscrizione del debito nei libri contabili obbligatori. In mancanza di tale iscrizione, difatti, il creditore avrebbe senz’altro vista rigettata la propria richiesta.
Nessuna rilevanza difatti veniva riconosciuta alla conoscenza dei debiti acquisita in altro modo dal cessionario e ciò persino in presenza di una sostanziale riferibilità dell’impresa del cessionario a quella del cedente. Condizione imprescindibile era costituita esclusivamente dal dato formale dell’iscrizione del debito nei libri contabili.
Conformemente a tale impostazione, la giurisprudenza di legittimità non ha ritenuto rilevante la circostanza del riconoscimento del credito da parte della cessionaria, nemmeno nei casi in cui il legale rappresentante delle due società (cedente e cessionario) era il medesimo e le sedi legali coincidevano.
La giurisprudenza di merito ha talora tentato di mitigare il rigore di una siffatta interpretazione, accedendo ad un approccio meno formalistico, laddove fosse evidente che il cessionario fosse pienamente consapevole dei debiti inerenti all’azienda ceduta, seppur non iscritti nei libri contabili obbligatori, ovvero laddove il cessionario si fosse rifiutato di esibire le scritture contabili nonostante l’ordine di esibizione del giudice.
La Cassazione, però, ha quasi sempre respinto questi tentativi.
IL MUTAMENTO DI ORIENTAMENTO DELLA CASSAZIONE.
La Cassazione, nella pronuncia in esame, osserva come la Corte d’Appello di Milano, non attribuendo alcun rilievo al quadro fraudolento dedotto in corso di causa, abbia privilegiato un’interpretazione letterale della norma di cui all’art. 2560 c.c..
Il Collegio prospetta tuttavia la necessità di coniugare la regola speciale di cui all’art. 2560 c.c., comma 2, con la necessità di tener conto dell’esigenza di fornire “tutela effettiva”, escludendo che una interpretazione fondata sul mero dato letterale ed impermeabile sia alle contrastanti evidenze processuali che alle ormai consolidate elaborazioni giurisprudenziali in materia di “vicinanza della prova” e di conseguente possibile inversione dei relativi oneri, possa condurre a soluzioni coerenti con la ratio sulla quale essa si fonda.
In conclusione, la Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: “il principio di solidarietà fra cedente e cessionario, fissato dall’art. 2560 c.c., comma 2, con riferimento ai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, principio condizionato al fatto che essi risultino dai libri contabili obbligatori, deve essere applicato tenendo conto della “finalità di protezione” della disposizione, finalità che consente all’interprete di far prevalere il principio generale della responsabilità solidale del cessionario ove venga riscontrato, da una parte, un utilizzo della norma volto a perseguire fini diversi da quelli per i quali essa è stata introdotta, e, dall’altra, un quadro probatorio che, ricondotto alle regole generali fondate anche sul valore delle presunzioni, consenta di fornire una tutela effettiva al creditore che deve essere salvaguardato“.
10 luglio 2020
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L'avv. Alessandra De Benedittis si occupa di diritto civile, commerciale e societario. Nel 2009 consegue la laurea specialistica cum laude in Giurisprudenza presso l'Università del Salento e nel 2012, dopo l'abilitazione alla professione forense, entra a far parte dello studio. E' specializzata nel contenzioso civile e presta assistenza legale stragiudiziale e contrattuale per decine di PMI.
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L'avv. Alessandra De Benedittis si occupa di diritto civile, commerciale e societario. Nel 2009 consegue la laurea specialistica cum laude in Giurisprudenza presso l'Università del Salento e nel 2012, dopo l'abilitazione alla professione forense, entra a far parte dello studio. E' specializzata nel contenzioso civile e presta assistenza legale stragiudiziale e contrattuale per decine di PMI.