Cosa fare se non viene adempiuta una obbligazione contrattualmente assunta in tuo favore?
In questo articolo voglio parlarti di un caso di studio generato dal rifiuto del mio assistito di adempiere all’obbligo, assunto con preliminare di appalto, di affidare dei lavori ad una impresa.
Nello specifico, il contratto preliminare prevedeva l’obbligo del mio cliente, entro una determinata data, di sottoscrivere l’appalto o di versare, in caso di inadempimento del predetto obbligo, mezzo milione di euro in favore dell’aspirante appaltatore.
Avendo la mia assistita, dopo la scadenza del termine per adempiere, provveduto ad affidare ad altri i lavori promessi all’aspirante appaltatore, si è vista costretta a difendersi nel giudizio promosso da quest’ultimo per vedersi riconoscere la penale prevista in caso di inadempimento dell’obbligo di concludere il contratto definitivo di appalto.
Per tutelare i tuoi diritti devi rivolgerti ad un avvocato?
L’art. 24 della nostra carta costituzionale riconosce a tutti la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
Assicura ai non abbienti l’esercizio del diritto di difesa, che è inviolabile, in ogni stato e grado del procedimento.
Non è possibile, dunque, “far giustizia da sé”.
Il codice penale punisce chi si fa arbitrariamente ragione da sé.
Del resto, stabilisce il codice civile all’art. 2907, alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l’autorità giudiziaria su domanda di parte e, quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico ministero.
Chi si fa arbitrariamente ragione da sé al fine di esercitare un diritto mediante violenza sulle cose è punito, pertanto, con la multa (art. 392 c.p.).
Invece, chi si fa arbitrariamente ragione da sé mediante violenza o minaccia alle persone è punito con la reclusione (art. 393 c.p.).
COME HA POTUTO L’IMPRESA CHE AVEVA PROMESSO DI APPALTARE I LAVORI ad una impresa affidarli ad altri senza ricorrere all’autorità giudiziaria?
Per quale ragione non ha dovuto versare la penale pur avendo affidato i lavori a impresa diversa da quella verso la quale aveva assunto l’impegno?
In un ordinamento che vieta il far giustizia da sé e che punisce chi esercita arbitrariamente le proprie ragioni sembra difficile, se non impossibile, liberarsi da un obbligo contrattualmente assunto senza doversi rivolgere ad un giudice.
Dunque, come ha potuto legittimamente il mio assistito liberarsi dell’aspirante appaltatore non gradito senza dover corrispondere in suo favore l’importante penale prevista in contratto?
Lo ha potuto fare perché il legislatore, nonostante il divieto di autotutela privata, in determinati tassativi casi, attribuisce al privato il potere di tutelare il proprio diritto in via immediata, senza dover necessariamente ricorrere al giudice.
L’autotutela privatistica
Diversi sono gli strumenti che costituiscono forme di autotutela privata. Analizzeremo solo quelli cui ha fatto ricorso il mio assistito nella gestione del rapporto costituito con il preliminare di appalto.
IL CASO
Il mio assistito non aveva provveduto, nel termine pattuito con il preliminare, ad affidare all’aspirante appaltatore i lavori di realizzazione di due immobili. Non solo. Aveva nel frattempo affidato i predetti lavori ad altra impresa ritenuta più affidabile dell’aspirante appaltatore con il quale aveva sottoscritto il preliminare. Lo aveva fatto direttamente, senza rivolgersi a nessuno e alla richiesta di pagamento della penale, pari a mezzo milione di euro, aveva opposto il suo fermo rifiuto.
Pertanto, si vedeva notificare dall’aspirante appaltatore un decreto ingiuntivo per il pagamento della penale prevista dal contratto.
Si trattava di una penale che poteva anche essere diminuita equamente dal giudice ai sensi dell’art. 1384 codice civile.
La riduzione della penale è un tema che ho già trattato in altro articolo al quale rinvio e che potete leggere cliccando qui.👇🏻
L’eccezione di inadempimento
Il mio assistito, nel chiedere la revoca del decreto ingiuntivo, giustificava il mancato affidamento dei lavori all’aspirante appaltatore per non aver lo stesso adempiuto o, quantomeno offerto di adempiere, l’obbligo di sottoscrivere:
una polizza assicurativa per la responsabilità civile per i danni a terzi nell’esecuzione dei lavori;
una polizza fideiussoria a garanzia dell’adempimento di tutte le obbligazioni nascenti dal contatto di appalto.
Sollevava quella che, tecnicamente, prende il nome di eccezione di inadempimento. Si tratta di un rimedio offerto dalla legge, nei contratti a prestazioni corrispettive, al contraente non inadempiente per reagire all’inadempimento dell’altro contraente.
Si traduce nel rifiuto ad eseguire la propria prestazione (l’affidamento dei lavori) se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria (il rilascio della polizza assicurativa e fideiussoria).
Il rifiuto ad eseguire la propria prestazione è legittimo quando è conforme a buona fede, ovvero giustificato da un non lieve inadempimento dell’altra parte.
LA CLAUSOLA RISOLUTIVA ESPRESSA
Il contratto prevedeva la risoluzione di diritto del preliminare ex art. 1456 c.c. in difetto di rilascio della fideiussione.
La clausola risolutiva espressa è un rimedio di autotutela che consente alla parte non inadempiente di sciogliersi dal contratto inadempiuto.
Si tratta di una clausola apposta nel contratto in cui si prevede espressamente la risoluzione del contratto nel caso di inadempimento di una determinata obbligazione (nel caso in esame, il rilascio della fideiussione).
Anche della clausola risolutiva espressa ho avuto modo di scrivere in altro articolo che potrai leggere cliccando qui. 👇🏻
Conclusioni
Il mio assistito ha potuto utilmente sollevare eccezione di inadempimento non avendo l’aspirante appaltatore adempiuto o offerto di adempiere, giunto il termine per la stipula del contratto definitivo di appalto, l’obbligo di rilasciare una polizza assicurativa per la responsabilità civile per danni a terzi durante l’esecuzione dei lavori e una polizza fideiussoria a garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni da assumere con il contratto di appalto.
Il giudice ha ritenuto conforme a buona fede il rifiuto a stipulare il contratto di appalto da parte della mia assistita dopo aver correttamente interpretato le clausole contrattuali.
Ha giudicato come legittimo, altresì, l’affidamento ad altri dell’appalto, essendo stata prevista la risoluzione di diritto del contratto, ex art. 1456 del codice civile, nell’ipotesi di inadempimento dell’obbligo di stipula della polizza fideiussoria.
La sentenza della Corte d’Appello, che ha confermato il provvedimento di revoca del decreto ingiuntivo emesso in primo grado, contenente a sua volta condanna alle spese del soccombente, è passata in giudicato.
Il mio assistito ha potuto celermente individuare altri cui affidare i lavori di realizzazione delle opere alle quali a sua volta si era obbligata nei confronti di terzi, più affidabili rispetto a quello inizialmente individuato e con il quale aveva sottoscritto il preliminare di appalto, mantenendo a sua volta fede ai suoi impegni, avendo contrattualizzato livelli minimi di serietà e solidità dell’aspirante appaltatore ed avendo previsto la risoluzione di diritto del contratto in mancanza di adeguata copertura del rischio contrattuale.
Per questo il rischio contrattuale non deve essere mai sottovalutato e deve essere posto al centro della contrattualizzazione.
Il corretto esercizio dell’autonomia contrattuale può impedire che da un inadempimento scaturiscano danni irreparabili e consente al contraente attento di poter, in deroga al generale divieto di autotutela, tutelare immediatamente i propri diritti senza dover ricorrere necessariamente all’autorità giudiziaria.
4 ottobre 2021
Avv. Riccardo Renna
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L'avv. Riccardo Renna è socio amministratore di Renna studio legale. Ha frequentato la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali ottenendo la qualifica di Specialista. Da oltre dieci anni è consulente di fiducia di centinaia di imprese con affari in Italia. E' Partner 24 ore avvocati esperto in diritto civile e commerciale.
È iscritto nell'Albo Speciale degli Avvocati ammessi al patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione e alle altre Giurisdizioni Superiori.
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L'avv. Riccardo Renna è socio amministratore di Renna studio legale. Ha frequentato la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali ottenendo la qualifica di Specialista. Da oltre dieci anni è consulente di fiducia di centinaia di imprese con affari in Italia. E' Partner 24 ore avvocati esperto in diritto civile e commerciale.
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