La previsione dell’obbligo di pagamento a titolo di penale di un importo elevato scoraggia l’inadempimento o favorisce il conflitto tra i contraenti?
La clausola penale produce l’effetto di predeterminare la prestazione dovuta in caso di inadempimento o ritardo nell’adempimento e di fatto esonera il contraente adempiente dal dover dimostrare il danno.
I contraenti più accorti, quelli che si rivolgono ad un tecnico per la redazione dei contratti, sanno che la penale di per sé non è sufficiente a garantirsi il giusto ristoro, specie quando consiste nel pagamento di una somma bassa inidonea a consentire il ristoro del pregiudizio effettivamente subito in conseguenza dell’inadempimento o ritardo.
E’ vero che la penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno (per cui rende più agevole il riconoscimento della prestazione dovuta a tale titolo in favore del creditore) ma è anche vero che ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore.
La soluzione, potrebbero pensare i più, è prevedere come penale il pagamento di un importo elevato. In tal modo, infatti, non si corre il rischio insito nel dover limitare il risarcimento alla prestazione promessa e ci si esime dal dover dimostrare il maggior danno subito qualora sia stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore.
Si tratta però di una strada, quella appena suggerita, irta di ostacoli.
Maggiore è la penale più è alto il rischio di non vedersela riconoscere per intero.
L’art. 1384 c.c., infatti, consente al giudice di ridurre l’importo dovuto a titolo di penale, anche senza che la riduzione venga espressamente richiesta dal soggetto tenuto a pagarla, non solo, come è comprensibile anche ai non addetti ai lavori, se l’obbligazione principale è stata eseguita in parte, ma anche se l’ammontare della stessa è manifestamente eccessivo, avuto riguardo sempre all’interesse che il creditore aveva all’adempimento.
Ciò significa che il giudice ha il potere-dovere, in nome degli ideali di giustizia materiale, equità contrattuale ed aequalitas contrahentium:
- di superare il mito ottocentesco del potere della volontà, simboleggiato dalla formula pacta sunt servanda,
- di verificare l’equità economica del contratto di scambio intervenendo sullo stesso fino a correggerlo a tutela della solidarietà tra privati per impedire ingiustificati arricchimenti o pene contrattuali slegate dal parametro dell’equilibrio.
Per giurisprudenza della suprema corte << fermo restando che il criterio cui il giudice deve fare riferimento per esercitare il potere di riduzione della penale non è la valutazione del danno che sia stato accertato o risarcito, ma l’interesse che la parte ha, secondo le circostanze, all’adempimento della prestazione cui ha diritto “Ai fini dell’esercizio del potere di riduzione della penale, il giudice non deve valutare l’interesse del creditore con esclusivo riguardo al momento della stipulazione della clausola (…) ma tale interesse deve valutare anche con riguardo al momento in cui la prestazione è stata tardivamente eseguita o è rimasta definitivamente ineseguita, poiché anche nella fase attuativa del rapporto trovano applicazione i principi di solidarietà, correttezza e buona fede, di cui agli artt. 2 Cost., 1175 e 1375 cod. civ., conformativi dell’istituto della riduzione equitativa, dovendosi intendere, quindi, che la lettera dell’art. 1384 cod. civ., impiegando il verbo “avere” all’imperfetto, si riferisca soltanto all’identificazione dell’interesse del creditore, senza impedire che la valutazione di manifesta eccessività della penale tenga conto delle circostanze manifestatesi durante lo svolgimento del rapporto >>Cassazione civile sez. I 06/12/2012 ( ud. 14/11/2012 , dep.06/12/2012 )n.21994.
In diversi casi da me seguiti il giudice è intervenuto sulla penale manifestamente eccessiva riducendola per cui l’esperienza mi porta a sostenere che da anni è stato compiuto dalla giurisprudenza un significativo assalto alla dommatica della volontà tanto da potersi ritenere ormai definitivamente abbandonata la norma giusnaturalistica, sancita dall’art. 1372 del codice civile, che vuole il giudice tenuto a rispettare il contratto negli stessi modi in cui deve attuare la legge.
Per cui nell’ipotesi in cui venga prevista una penale in vostro favore il consiglio che mi sento di dare è di non trascurate il tema della corretta determinazione del suo ammontare per non correre il rischio concreto di vedervela riconosciuta solo all’esito di un lungo giudizio e, per giunta, di importo notevolmente inferiore a quello previsto in contratto.
08 gennaio 2021
avv. Riccardo Renna
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L'avv. Riccardo Renna è socio amministratore di Renna studio legale. Ha frequentato la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali ottenendo la qualifica di Specialista. Da oltre dieci anni è consulente di fiducia di centinaia di imprese con affari in Italia. E' Partner 24 ore avvocati esperto in diritto civile e commerciale.
È iscritto nell'Albo Speciale degli Avvocati ammessi al patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione e alle altre Giurisdizioni Superiori.
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