Abstract. Fornire la prova della provenienza lecita del denaro non è di ostacolo alla confisca diretta sul conto in banca pari al profitto o al prezzo derivante dal reato (Corte di Cassazione a Sezioni Unite, sentenza n. 42415 del 18 novembre 2021)
Il caso.
La vicenda ha riguardato un indagato nei cui confronti era stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del denaro depositato sul conto corrente bancario.
All’indagato veniva contestato il delitto di traffico di influenze illecite e, nello specifico, si contestava di aver ricevuto da altro soggetto la complessiva somma di Euro 175.000 Euro in contanti quale prezzo per la mediazione illecita che lo stesso indagato si era impegnato a svolgere presso un componente della Commissione Tributaria di Salerno ed un funzionario dell’Agenzia delle Entrate della stessa città, al fine di ottenere una riduzione non dovuta delle imposte accertate a carico della società di cui il predetto soggetto era amministratore di fatto.
Veniva proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Salerno aveva ordinato il dissequestro parziale del denaro e la restituzione all’interessato della somma di Euro 35.425,45, sul presupposto che, essendo essa stata versata sui conti correnti bancari successivamente alla commissione del reato, non poteva considerarsi prezzo o profitto dell’illecito, in quanto da esso non derivante.
La Sesta Sezione della Cassazione, cui il ricorso è stato assegnato, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite con riferimento ai limiti entro i quali è possibile procedere alla confisca diretta di somme di denaro giacenti su conto corrente bancario che rappresentino il prezzo o profitto del reato, anche nel caso in cui la parte interessata fornisca la prova che il denaro vincolato a fini di confisca derivi da un titolo lecito.
Investite della questione le Sezioni Unite hanno risposto al quesito dando continuità al principio di diritto già affermato in tema di sequestro a fini di confisca diretta del prezzo o profitto monetario del reato.
In particolare, il Collegio ha ribadito che, ai fini della confisca diretta del prezzo del delitto rappresentato da una somma di denaro, è indifferente l’identità fisica del numerarlo oggetto di ablazione rispetto a quello illecitamente conseguito.
Natura e funzione del denaro rendono recessiva la sua consistenza fisica, determinando la sua automatica confusione nel patrimonio del reo, che ne risulta correlativamente accresciuto.
Pertanto, per la confisca del prezzo o del profitto del reato che sia consistente in una somma di denaro è irrilevante che il numerarlo conseguito dall’autore – perciò stesso confuso nel suo patrimonio, al pari, del resto, di eventuali altre acquisizioni monetarie lecite – sia materialmente corrispondente a quello sottoposto a confisca.
La somma di denaro che ha costituito il prezzo o il profitto del reato non va dunque considerata, in questo caso, nella sua fisica consistenza, ma nella sua essenza di bene fungibile. Se il prezzo o il profitto del reato è rappresentato da una somma di denaro, essa si confonde con le altre componenti del patrimonio del reo e perde perciò stesso ogni giuridico rilievo la sua identificabilità fisica.
Le Sezioni Unite chiariscono che, da un lato, non occorrerà ricercare le medesime banconote conseguite dall’autore come diretta derivazione del reato da lui commesso, e, dall’altro, nessuna rilevanza sarà attribuibile all’eventuale esistenza di altri attivi monetari in ipotesi confluiti nel patrimonio del reo, foss’anche a seguito di versamenti di denaro aventi origine lecita nel suo conto corrente bancario.
Lo scopo della misura non è, infatti, di ritrovare sul conto corrente del reo le stesse banconote costituenti il prezzo o il profitto del reato, ma di realizzare l’ablazione della somma che sia già entrata nel patrimonio dell’autore a causa della commissione dell’illecito ed ivi sia ancora rinvenibile. Ricordando, infine, che la confisca diretta insegue non le banconote, ma la somma di denaro quale entità che incrementa il patrimonio del reo.
La decisione.
Concludendo, le Sezioni Unite, hanno risposto al quesito nei seguenti termini “Qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca viene eseguita, in ragione della natura del bene, mediante l’ablazione del denaro, comunque rinvenuto nel patrimonio del soggetto, che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario da quest’ultimo conseguito per effetto del reato; tale confisca deve essere qualificata come confisca diretta, e non per equivalente, e non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita del numerarlo oggetto di ablazione”.
Nel caso di specie, le Sezioni Unite, nel rigettare il ricorso, hanno ritenuto che il vincolo cautelare applicato sulla somma che residua dalla riduzione disposta dal Tribunale in sede di riesame deve dunque ritenersi conforme al principio di diritto sopra affermato, poiché il sequestro preventivo disposto a fini di confisca diretta ha colpito denaro, rinvenuto su conti correnti intestati al ricorrente e nella sua effettiva disponibilità, che rappresenta l’accrescimento patrimoniale monetario da lui conseguito quale prezzo e profitto del reato oggetto di contestazione provvisoria, senza che possa rilevare a tale scopo l’allegazione dell’origine lecita delle somme depositate su quei conti correnti.
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L'avv. Mariagrazia Barretta si occupa prevalentemente di diritto penale. Ha frequentato la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali ottenendo con il massimo dei voti la qualifica di Specialista.
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