Abstract: Con sentenza n. 35175/2020, la III Sezione penale della Corte di Cassazione ha chiarito come il pagamento delle cartelle esattoriali attraverso lo strumento normativo della rottamazione fiscale faccia venire meno il profitto del reato tributario commesso, determinando così la revoca del decreto di sequestro preventivo disposto sui beni dell’indagato o imputato.
COS’E’ IL SEQUESTRO PREVENTIVO
Il sequestro preventivo è una misura cautelare cd. “reale” disciplinata dagli artt. 321 e ss. c.p.p.
Con misura cautelare reale si intende fare riferimento al provvedimento con cui l’Autorità giudiziaria, nell’ambito di un procedimento penale in corso, incide su beni patrimoniali rendendoli indisponibili.
La finalità del sequestro preventivo è quella di impedire, fino a quando il giudice non avrà pronunciato una sentenza definitiva, che la disponibilità e l’uso di una cosa pertinente al reato per cui si procede penalmente possa aggravare le conseguenze già prodotte dal fatto criminoso ovvero agevolare la commissione di ulteriori reati.
La norma, inoltre, prevede che oggetto del sequestro preventivo sia costituito anche da tutti quei beni pertinenti al reato che, in caso di successiva ed eventuale sentenza di condanna, sono soggetti a confisca ai sensi dell’art. 240 c.p. (trattata nel precedente articolo del 12/01/2021 – https://www.rennastudiolegale.it/confisca-che-cose-e-quali-sono-le-differenze-con-la-confisca-cd-allargata/ ) così da evitarne la dispersione e assicurarli al patrimonio statale.
L’esigenza cautelare che soddisfa la misura in parola è quella di assicurare tutela alla collettività attraverso la interruzione materiale dell’azione criminosa in corso, o non ancora iniziata, e dei suoi effetti. Ciò è garantito non solo dalla indisponibilità delle cose sequestrate, ma anche dalla imposizione al soggetto destinatario del sequestro di specifici obblighi di non fare (come, ad esempio, nel caso di una costruzione abusiva).
Per poter disporre il sequestro preventivo, tuttavia, devono necessariamente ricorrere tutti i presupposti previsti dalla legge:
- il “fumus commissi delicti”, ossia la sussistenza di un fatto che corrisponda ad una fattispecie astratta di reato nei confronti del quale procedere penalmente;
- il “periculum in mora”, ossia la concreta possibilità che la disponibilità del bene possa compromettere l’esigenza di tutela che la misura intende garantire.
Il venir meno dei suddetti presupposti determina l’immediata revoca del decreto di sequestro preventivo.
Sulla sorte dei beni sequestrati una volta intervenuta la sentenza del giudice penale, invece, occorre operare una distinzione:
- in caso di sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, le cose sequestrate sono restituite a chi ne abbia diritto, salvo si tratti di cose per le quali è prevista la confisca obbligatoria (art. 240, co. 1, c.p.);
- in caso di sentenza di condanna, gli effetti del sequestro permangono se il giudice ha disposto la confisca delle cose che ne costituivano l’oggetto.
SEQUESTRO PREVENTIVO E REATI TRIBUTARI
In tema di reati tributari, il d.lgs. 74/2000 (Legge sui reati tributari), all’art. 12 bis, disciplina espressamente l’ipotesi di confisca del profitto o del prezzo direttamente derivato dal reato fiscale commesso, ovvero, laddove ciò non sia possibile, di beni che si trovano nella disponibilità del condannato per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
Come sopra anticipato, il sequestro preventivo, assolvendo una funzione meramente cautelare, può essere disposta nei confronti di quei beni che saranno soggetti a confisca in ipotesi di sentenza di condanna, al fine di assicurarli al patrimonio dello Stato.
In ipotesi di reati tributari, pertanto, l’Autorità giudiziaria può sequestrare il profitto derivato all’indagato o imputato dalla commissione del fatto illecito (come, ad esempio, la somma di denaro pari all’importo non corrisposto al fisco illecitamente), oppure altri beni di cui ha la disponibilità per un valore corrispondente al profitto.
L’art. 12 bis della Legge in materia di reati tributari, inoltre, esclude la confisca per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro.
GLI EFFETTI DELLA ROTTAMAZIONE FISCALE SUL SEQUESTRO DEL PROFITTO DEL REATO TRIBUTARIO (Cass. pen., Sez. III, n. 35175/2020)
Analizzati i presupposti di applicabilità del sequestro preventivo e rilevato che, in materia di reati tributari, tale misura può essere disposta anche sui beni dell’autore del reato per un valore equivalente al profitto conseguito dal reato fiscale commesso, occorre ora chiarire se la rottamazione fiscale di cartelle di pagamento relative a tale profitto (debito fiscale generato dal reato) possa o meno consentire il dissequestro dei beni.
Sulla questione si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 35175/2020.
Nel caso di specie, il sequestro preventivo era stato disposto sui beni dell’indagata per un valore pari al profitto (oltre € 200.000,00) a quest’ultima derivato dal reato di compensazione di debiti fiscali con crediti inesistenti, previsto dall’art. 10 quater, comma 2, del d.lgs. 74/2000.
Nelle more del sequestro, l’indagata, avvalendosi della rottamazione fiscale (strumento normativo che consente l’estinzione del debito fiscale attraverso il pagamento dell’importo iscritto a ruolo dall’Agenzia delle Entrate senza incorrere in sanzioni e interessi di mora), aveva provveduto al pagamento in favore del fisco di un importo pari al profitto del reato commesso.
La Corte di Cassazione, alla luce dell’avvenuta rottamazione delle cartelle di pagamento e della contestuale rinuncia dell’Agenzia delle Entrate alla pretesa fiscale, in quanto integralmente soddisfatta, affermava il venir meno del profitto del reato e, pertanto, dell’oggetto del sequestro preventivo.
I giudici della Suprema Corte, in altri termini, hanno ritenuto che il “fumus” dei reati tributari, ossia il presupposto di applicabilità del sequestro relativo alla necessaria esistenza di un fatto che corrisponda ad una fattispecie di reato, viene meno quando il contribuente provvede alla rottamazione delle cartelle di cui al debito fiscale maturato come profitto del reato.
Di conseguenza, l’intervenuta mancanza di uno dei presupposti di applicabilità previsti dalla legge comporta la immediata revoca del decreto di sequestro preventivo disposto sui beni dell’indagata.
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Laureata presso l’Università degli Studi di Lecce con una tesi dal titolo “Il Concorso esterno nel reato associativo” relatore
prof. Matteo Caputo, si abilita alla professione di avvocato dal 2020.
Ha concluso nel luglio 2019 un tirocinio formativo ex art. 73 D.L. 69/2013 (convertito con legge 9 agosto 2013, n. 98) presso
il Tribunale del Riesame di Lecce, nel corso del quale ha assisto e coadiuvato il Magistrato affidatario dott. Antonio Gatto,
giudice del Tribunale del Riesame di Lecce, il quale ha valutato come “Eccellente” l’attività posta in essere dalla
professionista durante i diciotto mesi formativi.
Aree di competenza:
- Diritto Amministrativo
- Diritto penale
- Sistemi di compliance aziendali (231, anticorruzione, ecc.)
- Lead Auditor sistemi di gestione per l’anticorruzione in conformità alla ISO 37000:2016
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