Crisi di impresa ed esclusione della responsabilità penale.
In questo breve contributo affronteremo il problema dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali a causa della crisi economica che può colpire un’impresa.
Lo spunto ce lo offre proprio il particolare momento storico che stiamo vivendo, giacché, l’emergenza sanitaria che ha travolto il nostro bel Paese, ben presto, si è trasformata in una grave crisi economica che ha visto “ammalare” anche le aziende più sane e solide.
Ecco allora che è onere dell’imprenditore pensare alla “salute dell’impresa” rimodulando le proprie strategie aziendali al fine di evitare la chiusura o il fallimento dell’impresa.
La questione.
Può essere invocata l’esclusione della responsabilità penale da parte dell’imprenditore che non ha versato le ritenute previdenziali ed assistenziali a causa di una crisi economica? O, piuttosto, incorre nel reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali? Se si, quali sono le conseguenze?
Scopriamolo insieme.
Il quadro normativo.
La norma, nella versione attuale (articolo 2, commi da 1 a 1 quater, del decreto legge n. 463/1983, convertito con legge n. 638/1983), punisce la condotta illecita del datore di lavoro che opera le ritenute previdenziali ed assistenziali previste dalla legge sulle retribuzioni dei lavoratori senza provvedere al dovuto versamento all’Inps.
Va detto che il D. Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8 è intervenuto, nell’ambito della depenalizzazione, con l’art. 3, comma 6, sul sistema sanzionatorio applicabile all’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali.
Ecco allora che, una volta individuata la soglia di punibilità, viene specificato quando la condotta del mancato versamento dei contributi rileva in termini di mera sanzione amministrativa oppure in termini di reato.
Nello specifico, è prevista:
1) la sanzione penale della reclusione fino a tre anni congiunta alla multa fino a 1.032 euro, in caso di omesso versamento di importo superiore a 10.000,00 euro annui;
2) la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000,00 euro a 50.000,00 euro, in caso di omesso versamento di importo non superiore a 10.000,00 euro annui.
Quali sono gli elementi del reato?
Si tratta di un reato proprio che può essere commesso solo dal soggetto che si configura come datore di lavoro.
Qual è il bene giuridico protetto?
Il patrimonio dello Stato.
Qual è l’elemento soggettivo?
È il dolo generico che consiste nella scelta consapevole del datore di lavoro di omettere di versare le ritenute previdenziali ed assistenziali.
Qual è l’elemento oggettivo?
È punita la condotta di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, operate nei confronti dei dipendenti, per un importo superiore a 10.000 euro annui.
Qual è il momento di consumazione del reato?
Si tratta di un reato omissivo che si consuma alla scadenza del termine fissato dalla legge per il versamento delle ritenute (il 16° giorno de mese successivo a quello in cui sono state operate le ritenute)
Qual è la procedibilità?
Si tratta di un reato procedibile d’ufficio.
Qual è il termine di prescrizione?
Il reato in questione si prescrive in sei anni, decorrenti dalla consumazione. Tuttavia, una volta notificato al datore di lavoro l’avvenuto accertamento o, comunque, una volta che gli sia stata contestata la violazione, è prevista una sospensione per tre mesi del termine di prescrizione (art. 13, D.Lgs. 74/2000), concessa dalla legge al datore di lavoro al fine di avvalersi della causa di non punibilità che gli consente di pagare gli importi dovuti prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.
A questo punto, non ci resta che esaminare la recente sentenza n. 23939 del 13/08/2020 con cui, la Sezione feriale della Corte di Cassazione, facendo applicazione del suo costante insegnamento, ha offerto interessanti spunti di riflessione sul reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali e sui presupposti per la sua configurabilità.
Il caso di specie.
La Corte d’Appello di Firenze ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Arezzo ha condannato il legale rappresentante di una società per il reato di omesso versamento delle ritenute operate sulla retribuzione dei dipendenti.
L’imputato con ricorso per Cassazione ha denunciato i seguenti motivi:
1) la violazione di legge penale in relazione alla L. 11 novembre 1983, n. 628, art. 2, comma 1 bis, e successive modifiche, per avere la Corte d’Appello di Firenze stimato integrato il reato anche sotto il profilo dell’elemento soggettivo, trascurando di considerare come l’imputato si fosse trovato nell’impossibilità di adempiere all’obbligo in considerazione della grave ed imprevedibile situazione di crisi economico-finanziaria della società;
2) il vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato, per avere la Corte d’Appello di Firenze, ritenuto erroneamente integrato il dolo omettendo di valutare le emergenze processuali quanto alla situazione di grave crisi della società; al contrario di come ritenuto dal Collegio di merito, non poteva l’effettività di detta crisi dirsi esclusa per la sola circostanza che la società non fosse fallita o non avesse fatto accesso ad alcuna procedura concorsuale;
3) l’omessa motivazione in relazione alla ritenuta integrazione del reato contestato sotto i profili oggettivo e soggettivo;
4) mancata motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
I motivi della decisione.
La Suprema Corte oltre a dichiarare inammissibile il ricorso, per avere riproposto, il ricorrente, censure già sottoposte al vaglio della Corte territoriale, ha dichiarato le stesse destituite di fondamento, giacché, secondo il giudizio degli Ermellini, il Collegio distrettuale nell’escludere la rilevanza della situazione di crisi economica dell’azienda, stimata correttamente non grave, non essendo sfociata in alcuna procedura concorsuale, non ha fatto altro che applicare il costante orientamento della Corte di legittimità in questa materia.
Il principio di diritto.
I Giudici di legittimità colgono l’occasione per ricordare che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è a dolo generico ed è integrato dalla scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai propri dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attività d’impresa e di pretermettere il versamento delle ritenute all’Erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro ammontare.
Esclusione della scriminante dell’esercizio di un diritto o adempimento di un dovere.
La Corte di legittimità peraltro ha escluso categoricamente l’applicazione della scriminante di cui all’art. 51 c.p..
La Corte, infatti, ha ritenuto che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali non può essere scriminato dalla scelta del datore di lavoro, seppur fatta in presenza di una situazione di crisi o difficoltà economica, di destinare le somme disponibili al pagamento delle retribuzioni, perché, nel conflitto tra il diritto del lavoratore a ricevere i versamenti previdenziali e quello alla retribuzione, a prevalere è il primo in quanto è il solo a ricevere, secondo una scelta del legislatore (ritenuta dalla Suprema Corte non irragionevole) tutela penalistica per mezzo della previsione di una fattispecie incriminatrice.
Considerazioni conclusive.
Pare proprio che con quest’ultima pronuncia della Corte di Cassazione vi sia stato un ritorno al passato, allorquando, per integrare il reato in esame, era sufficiente il compimento della condotta omissiva nella consapevolezza della sua illiceità, anche in caso di fallimento della società o crisi della stessa.
A giudizio del Supremo Collegio, infatti, proprio perché si tratta di somme che esulano dalla disponibilità dell’imprenditore, giacché le avrebbe dovute accantonare, una eventuale crisi d’impresa e la difficoltà finanziaria non può giustificare la mancata corresponsione delle ritenute previdenziali ed assistenziali.
Ecco allora che, in un’eventuale crisi d’impresa, gli imprenditori, nel momento in cui dovranno scegliere se mantenere o meno il posto di lavoro dei propri dipendenti, con ciò continuando a pagare le retribuzioni (scelta necessitata anche dall’esigenza di consentire la prosecuzione dell’attività di impresa), dovranno essere consapevoli che, qualora non riuscissero a far fronte al pagamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, non soltanto incorreranno nel reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali ma non potranno nemmeno invocare la scriminante della crisi di impresa.
In assenza di un intervento legislativo innovativo si continuerà ad assistere ad un’interpretazione superata della norma in esame, che individua l’elemento soggettivo non nella volontà dell’imprenditore di non adempiere ad un dovere ma piuttosto nella volontà di non aver accantonato le somme destinate alla corresponsione delle ritenute previdenziali ed assistenziali.
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16 ottobre 2020
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L'avv. Mariagrazia Barretta si occupa prevalentemente di diritto penale. Ha frequentato la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali ottenendo con il massimo dei voti la qualifica di Specialista.
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