D.L. 17 marzo 2020 n. 18 – MISURE A SOSTEGNO DELLE IMPRESE.
COVID 19 e LAVORO: quali sono le disposizioni in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica, con riferimento al sostegno economico per le imprese?
Con il presente approfondimento, si procederà ad evidenziare le principali misure a sostegno delle imprese, contenute prevalentemente all’interno del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, c.d. “Cura Italia”.
AMMORTIZZATORI SOCIALI
Quali sono gli ammortizzatori sociali “ordinari” previsti dalla normativa vigente?
Gli strumenti ordinari di sostegno al reddito dei lavoratori si dividono in: ammortizzatori in costanza di rapporto di lavoro (ex D.lgs n. 148 del 14 settembre 2015) e ammortizzatori in caso di perdita involontaria di lavoro (ex D.lgs. n. 22 del 4 marzo 2015).
In particolare, gli ammortizzatori in costanza di lavoro si sostanziano in:
– CIGO (cassa integrazione guadagni ordinaria), pari all’ 80% della retribuzione per le ore non lavorate;
– CIGS (cassa integrazione guadagni straordinaria), pari all’ 80% retribuzione per le ore non lavorate;
– Fondi di solidarietà, consistenti in un assegno ordinario pari all’80% della retribuzione per le ore non lavorate;
– Fondi di integrazione salariale, consistenti in un assegno ordinario pari all’80% della retribuzione per le ore non lavorate;
– CIG in deroga, oggi prevista dall’art. 22 del D. L. n. 18 del 17 marzo 2020.
Quali sono gli specifici ammortizzatori sociali, in costanza di rapporto di lavoro, previsti dal Decreto “Cura Italia” e applicabili a tutto il territorio nazionale?
Per tutelare datori di lavoro (e lavoratori), costretti a sospendere temporaneamente l’attività produttiva e lavorativa a causa del “Coronavirus”, il Governo ha previsto una serie di misure speciali di sostegno, su tutto il territorio nazionale, fra cui specifici ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro (CIG ordinaria e in deroga e assegno ordinario).
A tal fine, il legislatore ha rilasciato una nuova e specifica causale, denominata “COVID-19 nazionale”, utilizzabile per le domande di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale e delle prestazioni di assegno ordinario, che sono espressamente disciplinate dagli artt. 19, 20 e 21 del DL n. 18/2020.
Ha inoltre previsto, all’art. 22, del predetto decreto, Nuove disposizione per la Cassa integrazione in deroga.
Cosa prevedono le norme speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario previste dal Decreto “Cura Italia”?
L’art. 19 del Decreto “Cura Italia” prevede che i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono richiedere il trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19”, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020, per una durata massima di nove settimane e comunque entro il mese di agosto 2020.
In particolare, i datori di lavoro sono:
– dispensati dall’osservanza dell’articolo 14, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, ovvero dall’effettuare la preventiva comunicazione alle organizzazioni sindacali al fine dell’esperimento dell’esame congiunto, fermo restando l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto che devono essere svolti anche in via telematica entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva;
– dispensati dall’osservanza dei termini del procedimento previsti dall’ articolo 15, comma 2 nonché dall’articolo 30, comma 2, del predetto decreto legislativo, per l’assegno ordinario, ovvero l’osservanza del termine di 15 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
– dispensati dal versamento del contributo addizionale.
La domanda, in ogni caso, deve essere presentata entro la fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa e non è soggetta alla verifica dei requisiti di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, relativo alla necessaria presenza di specifiche causali.
Per quanto concerne la decorrenza del termine di presentazione delle domande, essa coincide con la data del 23 marzo 2020.
N.B.: I periodi di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario per gli eventi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa richiesti in base al decreto legge non sono conteggiati nella durata massima prescritta dalla legge per la CIGO e CIGS e sono neutralizzati ai fini delle successive richieste.
Per gli eventi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa verificatisi dopo il 23 marzo 2020, la decorrenza del termine di presentazione della domanda seguirà le regole ordinarie.
Limitatamente all’anno 2020, all’assegno ordinario garantito dal Fondo di integrazione salariale non si applica il tetto aziendale di cui all’articolo 29, comma 4, secondo periodo, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (ovvero quello della misura non superiore a dieci volte l’ammontare dei contributi ordinari dovuti dal medesimo datore di lavoro, tenuto conto delle prestazioni già deliberate a qualunque titolo a favore dello stesso).
Quale procedura deve seguire un’azienda per accedere al trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario previste dal Decreto “Cura Italia”?
Le domande di accesso al trattamento di CIGO e all’assegno ordinario devono essere inviate telematicamente, avvalendosi del portale INPS (consultabile in fondo al presente approfondimento).
In sintesi:
- le domande di prestazione di CIGO e di assegno ordinario possono essere presentate per una durata massima di 9 settimane. La CIGO deve essere compresa nel periodo che va dal 23 febbraio al 31 agosto 2020;
- nel predetto periodo non sarà inserito nel computo del biennio mobile né del quinquennio mobile;
- il periodo non è conteggiato ai fini del calcolo del limite di 1/3 delle ore ordinarie lavorabili nel biennio mobile;
- per i lavoratori interessati dall’evento non viene valutata l’anzianità lavorativa, bensì devono risultare in forza presso l’azienda richiedente alla data del 23 febbraio 2020;
- non deve essere compilata la relazione tecnica, né allegata la scheda causale, né altre dichiarazioni, fatta eccezione per l’elenco dei lavoratori beneficiari della prestazione;
- il termine per presentare le domande è fissato alla fine del quarto mese successivo all’inizio della sospensione/riduzione dell’attività lavorativa;
- non è dovuto il contributo addizionale.
Qual è il trattamento ordinario di integrazione salariale per le aziende che si trovano già in Cassa integrazione straordinaria?
Secondo l’art. 20 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 le aziende che, alla data di entrata in vigore del Decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, hanno in corso un trattamento di integrazione salariale straordinario, possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale ai sensi del predetto articolo 19 e per un periodo non superiore a nove settimane.
La concessione del trattamento ordinario sospende e sostituisce il trattamento di integrazione straordinario già in corso.
La concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale può riguardare anche i medesimi lavoratori beneficiari delle integrazioni salariali straordinarie a totale copertura dell’orario di lavoro.
La concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale è subordinata alla sospensione della concessione della cassa integrazione straordinaria precedentemente autorizzata.
I periodi in cui vi è coesistenza tra trattamento straordinario di integrazione salariale e trattamento ordinario di integrazione salariale concesso ai sensi del Decreto Cura Italia non sono conteggiati ai fini dei limiti di durata massima dell’integrazione salariale prescritta per legge.
Limitatamente ai periodi di trattamento ordinario di integrazione salariale concesso dal Decreto Cura Italia non si applica il pagamento del contributo addizionale.
In considerazione della limitata operatività conseguente alle misure di contenimento per l’emergenza sanitaria, all’espletamento dell’esame congiunto e alla presentazione delle relative istanze per l’accesso ai trattamenti straordinari di integrazione salariale non si applicano gli articoli 24 e 25 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, con riferimento ai termini procedimentali.
Cosa avviene per i datori di lavoro che hanno trattamenti di assegni di solidarietà in corso a seguito del Decreto “Cura Italia”?
L’articolo 21 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 prevede che, analogamente a quanto disposto dall’art 20 del decreto Legge Cura Italia, i datori di lavoro, iscritti al Fondo di integrazione salariale, che alla data di entrata in vigore del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, hanno in corso un assegno di solidarietà, possono presentare domanda di assegno ordinario ai sensi dell’art 19 (sopra esplicato) per un periodo non superiore a nove settimane.
La concessione del trattamento ordinario sospende e sostituisce l’assegno di solidarietà già in corso.
La concessione dell’assegno ordinario può riguardare anche i medesimi lavoratori beneficiari dell’assegno di solidarietà a totale copertura dell’orario di lavoro.
Anche in questo caso vi è la dispensa dal versamento dei contributi addizionali e l’esclusione dei periodi in cui vi è coesistenza tra i due trattamenti dal calcolo dei limiti massimi di durata di integrazione salariale prescritti dalla legge.
Quali sono le disposizioni per la Cassa integrazione in deroga?
Secondo quanto previsto dall’art. 22 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, quale forma di tutela residuale rispetto ai datori di lavoro del settore privato, inclusi quello agricolo e della pesca e del terzo settore e compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni in materia di sospensione o riduzione di orario, in costanza di rapporto di lavoro, le Regioni e Province autonome, possono riconoscere in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, previo accordo con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro che occupano più di cinque dipendenti, trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo non superiore a nove settimane.
Per i lavoratori è riconosciuta la contribuzione figurativa e i relativi oneri accessori. |
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L’accordo di cui si sopra non è richiesto per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti.
Sono esclusi i datori di lavoro domestico.
Il trattamento in esame è riconosciuto nel limite massimo di 3.293,2 milioni di euro per l’anno 2020, a decorrere dal 23 febbraio 2020 e limitatamente ai dipendenti già in forza alla medesima data (non è richiesta l’anzianità di almeno 90 giorni).
I trattamenti d’integrazione salariale sono concessi con decreto delle regioni e delle province autonome interessate, da trasmettere all’INPS in modalità telematica entro quarantotto ore dall’adozione.
Le regioni e le province autonome, unitamente al decreto di concessione, inviano la lista dei beneficiari all’INPS, che provvede all’erogazione delle predette prestazioni.
Le domande vengono istruite secondo l’ordine cronologico di presentazione delle stesse.
Il trattamento può essere concesso esclusivamente con la modalità di pagamento diretto della prestazione da parte dell’INPS, applicando la disciplina di cui all’articolo 44, comma 6-ter, del decreto legislativo n. 148 del 2015. In particolare, il datore di lavoro è obbligato ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento dell’integrazione salariale, secondo le modalità stabilite dall’Istituto. Trascorso inutilmente tale termine, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.
Per visualizzare l’intera procedura, step by step, è consigliabile visionare il “MANUALE CIG IN DEROGA; SINTESI – Sistema Informativo Lavoro- Linee guida per l’inserimento e la gestione delle domande di Cassa Integrazione Guadagni in Deroga” del 26/03/2020, Regione Puglia (consultabile al termine del presente approfondimento).
SMART WORKING
Cos’è il lavoro agile e cosa prevedono al riguardo le disposizioni d’urgenza del Governo?
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha definito il lavoro agile come : “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.
Fra le molte misure previste al fine del contenimento dell’emergenza sanitaria, di particolare interesse è proprio quella riguardante l’incentivazione al ricorso del c.d. lavoro agile. Si raccomanda, infatti, che sia attuato il massimo utilizzo, da parte delle imprese, di modalità di lavoro agile per tutte le attività produttive e professionali che possono essere svolte nel proprio domicilio o con modalità a distanza.
Il lavoro agile, praticamente, si erge a modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa.
In tutte le Regioni italiane, fino al permanere dello stato di emergenza sanitaria, è incentivata la possibilità di ricorrere al “lavoro agile” come strumento di contenimento del rischio di contaminazione, con alcune semplificazioni rispetto alla formulazione contenuta nella L. 81/2017.
In particolare, secondo le nuove disposizioni, la modalità di lavoro agile, disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017 n. 81, può essere applicata, dai datori di lavoro, a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti.
Gli obblighi di informativa, di cui all’art. 22 della Legge 22 maggio 2017 n. 81, inoltre, sono assolti in via telematica, anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazioni infortuni sul lavoro.
Cosa cambia rispetto alla normativa ordinaria con riferimento al lavoro agile?
Secondo l’art. 18, comma 1, L. 81/2017, il lavoro agile è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, stabilita mediante accordo fra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
L’articolo 19, L. 81/2017, prevede la forma scritta per l’accordo fra il lavoratore e il datore di lavoro e quali ne siano i contenuti minimi.
Le disposizioni d’urgenza adottate per far fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19, invece, consentono ai datori di lavoro di applicare, ai rapporti di lavoro subordinato, la modalità di lavoro agile, disciplinata dagli articoli 18-23, della L. 81/2017, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti “nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni”.
Ancora, per quanto riguarda le modalità di assolvimento agli obblighi di informativa ai fini della sicurezza sul lavoro, l’art. 22, L. 81/2017, prevede che “il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore ed al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali ed i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro”.
La norma prevede, quindi, che il datore di lavoro consegni al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori un’informativa scritta nella quale individua i rischi generali e i rischi specifici connessi alle modalità di esecuzione della prestazione da parte del lavoratore agile.
I provvedimenti dettati per far fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19, derogando alle formalità ordinarie di informativa, prevedono l’assolvimento di tali obblighi “in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro”.
L’INAIL ha tempestivamente provveduto a dare attuazione a quanto previsto dal Governo, mettendo a disposizione dei datori di lavoro l’informativa sulla salute e sicurezza nel lavoro agile ai sensi dell’articolo 22, comma 1, L. 81/2017.
Il datore di lavoro potrà, quindi, utilizzare tale informativa che, sottoscritta dal lavoratore e dal RLS (Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza), costituirà assolvimento degli obblighi di informazione sulla sicurezza.
Cosa è contenuto nell’informativa fornita dall’INAIL?
L’informativa INAIL presenta una dettagliata e puntuale descrizione dei rischi nei quali il lavoratore agile può incorrere e dei comportamenti da tenere. Essa è strutturata in diverse sezioni.
Per ogni tipologia di rischio vengono elencate specifiche indicazioni in ordine ai corretti comportamenti che il lavoratore dovrà adottare, al corretto utilizzo delle strumentazioni fornite nonché indicazioni su come fronteggiare situazioni di possibile rischio o emergenza.
Il datore di lavoro deve garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, e, a tal fine, il lavoratore è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi presenti in ambienti indoor e outdoor diversi da quelli di lavoro abituali.
Nella sezione “Avvertenze Generali” l’informativa INAIL richiama espressamente tali obblighi.
Il datore di Lavoro deve assicurare il lavoratore in smart working? E se già assicurato deve effettuare qualche altra comunicazione all’INAIL?
Il datore di lavoro non deve effettuare alcuna dichiarazione, in quanto il lavoratore è già assicurato presso L’INAIL.
Il lavoro agile costituisce, lo si ribadisce, una modalità di effettuazione della prestazione derivante da un contratto di lavoro subordinato e non è un nuovo tipo di contratto di lavoro.
Dunque, il lavoratore che opera con tali modalità è già, a pieno titolo, inserito fra i soggetti per i quali è prevista la tutela assicurativa infortunistica obbligatoria di cui al D.P.R. 1124/1965.
Secondo quanto previsto dalla normativa, infatti, i soggetti compresi nell’assicurazione obbligatoria sono “coloro che in modo permanente o avventizio prestano alle dipendenze e sotto la direzione altrui opera manuale retribuita, qualunque sa la forma di retribuzione”.
Ne deriva che il lavoratore che inizi a prestare la propria attività in modalità di lavoro agile è già in forza presso l’azienda e, in quanto tale, tutelato, al pari degli altri dipendenti, con polizza assicurativa intestata all’impresa.
Dunque, nessun obbligo di nuova denuncia presso l’INAIL compete al datore di lavoro.
L’adozione del lavoro agile comporta una variazione del rapporto assicurativo?
La prestazione lavorativa resa in modalità di lavoro agile non determina una variazione della classificazione della lavorazione.
Per lavorazione, ai fini INAIL, “si intende il ciclo di operazioni necessario perché sia realizzato quanto in esse descritto, comprese le operazioni complementari e sussidiarie purché svolte dallo stesso datore di lavoro ed in connessione operativa con l’attività principale, ancorché siano effettuate in luoghi diversi”.
La prestazione di lavoro svolta in smart working non si diversifica dalla prestazione svolta all’interno dell’azienda, per quanto concerne le modalità di svolgimento e per l’entità del rischio del lavoratore.
Ne deriva che non vi sia alcun nuovo obbligo assicurativo e, dunque, nulla dovrà essere comunicato all’INAIL.
Cosa avviene in caso di infortunio occorso in modalità lavoro agile?
Lo smart worker è tutelato, al pari di tutti gli altri lavoratori, per gli eventi infortunistici occorsi nello svolgimento della prestazione di lavoro (in azienda o nel luogo concordato di svolgimento della prestazione) ovvero per gli eventi che si verificano in itinere.
Il datore di lavoro deve, in ogni caso, provvedere a presentare la denuncia di infortunio all’INAIL nei termini previsti dall’articolo 53, D.P.R. n. 1124/1965, indipendentemente dalla propria valutazione in merito alla causalità del fatto.
La valutazione sull’indennizzo è sempre rimessa all’INAIL, mentre il mancato assolvimento dell’obbligo di denuncia comporta l’irrogazione di una sanzione amministrativa al datore di lavoro che trasgredisca.
Esiste una qualche forma di priorità nel lavoro agile?
L’art. 39 del D.L. n. 18/2020, prevede che, fino alla data del 30 aprile 2020, i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992,n.104 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.
Ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile.
La modalità di “lavoro agile” può essere applicata dal datore di lavoro privato a tutti i lavoratori?
Come indicato sopra sono previste modalità semplificate e temporanee di accesso al lavoro agile e non ci sono limiti.
Ad ogni modo, la normativa vigente, anche prima dell’emergenza sanitaria, non ha previsto una soglia massima di lavoratori in questa modalità.
Il datore di lavoro privato è obbligato a fornire a tutti i lavoratori la strumentazione necessaria a svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile?
Le nuove misure incentivano il ricorso allo smart working, semplificandone l’accesso.
Il lavoratore può avvalersi di propri supporti informatici per svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile.
Tuttavia, il datore di lavoro privato è tenuto ad adottare ogni misura organizzativa e gestionale per assicurare lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in modalità agile.
Il dipendente potrà presentare un’istanza che sarà accolta sulla base delle modalità organizzative previste.
Se non è possibile svolgere la prestazione in modalità agile, il datore di lavoro privato può, anche a prescindere da qualsiasi preventiva programmazione, disporre che i propri dipendenti usufruiscano delle ferie pregresse?
Salvo eventuali attività indifferibili da rendere in presenza, il datore di lavoro privato può programmare l’utilizzo delle ferie riferite all’anno precedente entro il termine di godimento o di utilizzo stabilito dalla contrattazione collettiva.
Quali misure alternative esistono per i lavoratori che non hanno disponibilità o possibilità di ferie e/o congedi?
Per i lavoratori del settore privato, il datore di lavoro potrà valutare la possibilità di riconoscere a tali lavoratori forme di flessibilità oraria o di modifica transitoria dell’articolazione dell’orario di lavoro limitatamente al periodo di durata dell’emergenza, ovvero il ricorso ad altri strumenti di flessibilità comunemente previsti dalla contrattazione collettiva, ovvero la concessione di permessi straordinari.
LAVORO IN PRESENZA
Come bisogna procedere se non è possibile far ricorso al lavoro agile?
I datori di lavoro devono far ricorso, ove possibile, alla modalità di lavoro agile o comunque incentivare ferie e congedi retribuiti per i dipendenti, nonché tutti altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva.
Inoltre, i datori di lavoro devono sospendere tutte le attività non indispensabili.
Per le imprese per cui è necessaria la prestazione lavorativa “in presenza”, occorre assumere protocolli di sicurezza anti-contagio, ovvero, come principale misura di contenimento, far rispettare la distanza interpersonale di un metro e, nel caso la distanza interpersonale sia inferiore a un metro, adottare strumenti di protezione individuale.
Occorre, altresì, incentivare la sanificazione dei luoghi di lavoro, anche utilizzando, a tal fine, forme di ammortizzatori sociali.
Infine, per tutte le attività produttive è necessario limitare al massimo gli spostamenti all’interno dei siti e limitare l’accesso agli spazi comuni.
Se il datore di lavoro non chiude l’azienda ed è necessario continuare a lavorare “in sede” il lavoratore ha diritto a un’indennità per il rischio epidemiologico che corre?
Il Decreto Legge n. 18/2020 prevede l’erogazione di un bonus di 100 euro a favore dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, con reddito complessivo non superiore a 40mila euro, che durante il periodo di emergenza sanitaria continuino a prestare servizio nella sede di lavoro nel mese di marzo 2020.
Il premio non concorre alla formazione del reddito.
Esso viene rapportato ai giorni di lavoro in sede e viene dato in via automatica dal datore di lavoro, se possibile nella busta paga di aprile o comunque entro il conguaglio di fine anno.
Esiste un infortunio sul lavoro “da coronavirus”?
Viene considerato infortunio sul lavoro il contagio avvenuto “in occasione di lavoro”: ossia, non solo sul luogo di lavoro ma in ogni situazione riconducibile all’espletamento del rapporto lavorativo, come trasferte o il tragitto casa-lavoro.
Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato.
Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa.
La disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati.
Il datore di lavoro come deve computare l’eventuale periodo di quarantena di un proprio dipendente?
Secondo l’art. 26 del D.L. n. 18/2020, per i lavoratori del settore privato il periodo trascorso in quarantena o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, dovuto a COVID-19, viene equiparato ai periodi di malattia, ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e detto periodo non è computabile ai fini del periodo di comporto.
Fino al 30 aprile ai lavoratori dipendenti privati in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.104, nonché ai lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della medesima legge n. 104 del 1992, il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie, è equiparato al ricovero ospedaliero.
Il medico curante redige il certificato di malattia con gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva.
In deroga alle disposizioni vigenti, gli oneri sono posti a carico dello Stato.
LICENZIAMENTI
E’ fatto divieto di licenziamento durante l’emergenza sanitaria?
L’art. 46 del D.L. n. 18/2020 dispone che a decorrere dalla data del 17 marzo 2020, per 60 giorni è fatto divieto ai datori di lavoro di avviare le procedure di licenziamento collettivo ex legge n. 223/91.
Nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020.
Inoltre, sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo.
Nardò, 29 marzo 2020
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