Cassazione Penale, Sezioni Unite, 30 aprile 2020 (ud. 30 gennaio 2020), n. 13539, Presidente Carcano, Relatore Andreazza.
Con la sentenza in epigrafe, oggetto di questa breve nota, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno finalmente preso posizione sul controverso tema della “cd. confisca urbanistica o lottizzatoria” prevista dall’art. 44, co. 1, del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. n. 380/2001), allorquando si verifichi la prescrizione del reato-presupposto.
I PRINCIPI DI DIRITTO.
– “La confisca di cui all’art. 44 DPR 380/2001 può essere disposta anche in presenza di un causa estintiva determinata dalla prescrizione del reato purché sia stata accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell’ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio non può, in applicazione dell’art. 129 c.1 c.p.p., proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento”.
– “In caso di declaratoria, all’esito del giudizio di impugnazione, di estinzione del reato di lottizzazione abusive per prescrizione, il giudice di appello e la Corte di Cassazione sono tenuti, in applicazione dell’art. 578-bis c.p.p., a decidere sull’impugnazione agli effetti della confisca di cui all’art. 44 DPR 380/2001”.
IL CASO.
La Corte di Appello di Messina ha confermato la pronuncia del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto di condanna dell’imputato per il reato di cui art. 44, co. 1, lett. c., D.P.R. n. 380/2001, per aver realizzato, in qualità di legale rappresentante di una ditta edile, la lottizzazione abusiva di un’area sita in un Comune della provincia di Messina.
Con la sentenza è stata confermata la confisca dell’area e dei terreni realizzati abusivamente. Avverso la predetta sentenza l’imputato, per il tramite del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo sei motivi.
Dovendo l’impugnata sentenza essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione rimaneva aperta la questione della possibilità di confermare la confisca urbanistica disposta a seguito della condanna dell’imputato per il reato di lottizzazione, nonostante la declaratoria di prescrizione del reato.
Ecco allora che la Terza Sezione della Corte di Cassazione, investita del ricorso, ravvisando l’insorgenza di un possibile contrasto giurisprudenziale con un’articolata ordinanza n. 40380 del 2019 ha rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione di diritto “se, in caso di declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, sia consentito l’annullamento con rinvio limitatamente alla statuizione sulla confisca ai fini della valutazione da parte del giudice di rinvio della proporzionalità della misura, secondo il principio indicato dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’uomo del 28 giugno 2018, G.I.E.M. s.r.l. e altri c. Italia1”.
Si tratta di una questione talmente dibattuta e controversa sia in dottrina che in giurisprudenza tanto da aver visto confrontarsi negli anni la Corte di Cassazione, la Corte Costituzionale e la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo.
Proprio l’importanza dell’argomento rende doveroso un preliminare cenno alla natura della confisca urbanistica ed una breve panoramica sui precedenti arresti giurisprudenziali.
LA CONFISCA URBANISTICA NATURA GIURIDICA E QUESTIONI GIURISPRUDENZIALI.
La confisca urbanistica è prevista dall’art. 44, co. 2, T.U. Edilizia (d.p.r. n. 380/2001) che testualmente recita “la sentenza definitiva che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari”.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha iniziato ad occuparsi del tema con le sentenze Sud Fondi c. Italia, Varvara c. Italia, fino all’ultimo approdo della Grande Camera nella nota sentenza del 2018 G.I.E.M. S.r.l. e altri c. Italia.
Un arresto giurisprudenzale della CEDU si è avuto in occasione della pronuncia Varava c. Italia, pronuncia in cui la Corte si è limitata a richiamare la decisione di ricevibilità resa il 30 agosto 2007 nell’ambito noto affaire Sud Fondi (relativo al cd. “ecomostro di Punta Perotti”).
In quell’occasione i giudici di Strasburgo hanno precisato che la confisca prevista dall’art. 19 della Legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Bosetti & Gatti) – successivamente abrogato dall’articolo 136 del d.P.R. n. 380 del 2001 e sostituito dall’articolo 44, comma 2 dello stesso D.P.R. – non tende alla riparazione di un danno ma mira essenzialmente a punire al fine di impedire la reiterazione delle inosservanze previste dalla legge.
La sanzione era quindi in parte preventiva ed in parte repressiva, caratteristica quest’ultima tipica delle sanzioni penali. La Corte ha rilevato che proprio il Testo Unico dell’Edilizia classifica la confisca prevista per il reato di lottizzazione abusiva tra le sanzioni penali, pertanto, tenuto conto di tali elementi la CEDU ha ritenuto che la confisca in parola sia una “pena” ai sensi dell’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
La giurisprudenza di legittimità, dopo la prima decisione Sud Fondi ha continuato a ribadire la natura amministrativa della confisca urbanistica confermandone, di conseguenza, l’applicabilità anche in assenza di sentenza di condanna e, in particolare, in caso di proscioglimento per intervenuta prescrizione del reato, con la precisazione che fosse necessario, comunque, che fosse accertata dal giudice la sussistenza in capo al soggetto destinatario della misura l’elemento soggettivo del reato, oltre alla avvenuta oggettiva “trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici” (fulcro del reato d lottizzazione abusiva previsto dall’art. 30 T.U. Edilizia.
Tuttavia, l’orientamento giurisprudenziale prevalente della Corte EDU ha continuato a ritenere che la confisca urbanistica potesse continuare ad essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato sempre che fosse stata accertata la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva sotto il profilo dell’elemento oggettivo e soggettivo, nell’ambito di un giudizio che avesse garantito il contraddittorio, la più ampia partecipazione degli interessati e che avesse verificato l’esistenza quantomeno dei profili della colpa sotto l’aspetto dell’imprudenza, della negligenza e del difetto di vigilanza dei soggetti nei confronti dei quali la misura deve ricadere.
Con la pronuncia Sud Fondi c. Italia la Corte EDU ha affermato a chiare lettere l’illegittimità della confisca di un bene se il reato di lottizzazione abusiva è prescritto (con condanna peraltro dell’Italia al risarcimento dei danni morali e patrimoniali a favore dell’imprenditore) ed ha posto l’accento sul requisito di proporzionalità della confisca precisando come “un provvedimento di confisca automatica ed assoluto di edifici e terreni violerebbe il principio di proporzionalità”, con conseguente violazione dell’art. 1 del protocollo 1 CEDU in virtù del quale “ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni e non può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale”. Principi questi ultimi confermati integralmente dalla sentenza Varvara.
Da ultimo, la Grande Camera con la nota sentenza G.I.E.M. S.r.l. c. Italia, da una parte, ha ribadito l’inclusione della confisca urbanistica nell’ambito della materia penale secondo i noti criteri Engel [si fa riferimento ai parametri interpretativi delineati per la prima volta dalla Corte EDU nel caso Engel e altri c. Paesi Bassi, volti a individuare i criteri in base a cui determinare la natura penale o meno di una norma sanzionatoria, ossia: 1) la qualificazione formale e nominale della disposizione sanzionatoria; 2) la reale natura sostanziale dell’illecito; 3) lo scopo punitivo e general-preventivo, non solo riparatorio, ed il grado di severità della sanzione] e nella nozione di pena di cui alle garanzie previste dal citato art. 7 della Convenzione, dall’altra parte, ha affermato la compatibilità della confisca urbanistica, applicata nonostante sia sopraggiunta la prescrizione del reato, purchè il reato di lottizzazione abusiva sia stato accertato nei suoi elementi costitutivi all’esito di una istruzione probatoria rispettosa dei principi del giusto processo e della presunzione di non colpevolezza, vale a dire quando le persone fisiche o giuridiche destinatarie della misura ablativa siano state parti in causa del processo e sempre che l’anzidetta misura sia proporzionata rispetto alla tutela del bene pubblico.
IL DUBBIO DELLA SEZIONE REMITTENTE.
Va detto che il dubbio della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione trasfuso nell’ordinanza di rimessione (come sin qui detto quello se, in caso di prescrizione, il giudice possa proseguire il giudizio al solo fine di accertare la sussistenza del fatto, al fine di decidere sulla confisca, ovvero se, una volta intervenuta la prescrizione, il giudice debba pronunciare l’estinzione del reato) sorge proprio dalla formulazione dell’art. 578 bis c.p.p. che dispone che quando è stata ordinata la confisca (“in casi particolari” prevista dal primo comma dell’art. 240 bis c.p. e da altri disposizioni di legge o la confisca ai sensi dell’art. 322 ter c.p.) il giudice di appello o la Corte di Cassazione, nel dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione, possano decidere sull’impugnazione ai soli effetti della confisca previo accertamento della responsabilità dell’imputato.
Resta da capire quali sono le determinazioni che la Corte può o meno adottare con riferimento alla confisca che, come nella specie, è stata adottata dal giudice di merito (segnatamente nel giudizio in oggetto dal giudice di primo grado con sentenza confermata dalla sentenza impugnata).
È necessario accertare se, all’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, possano resistere le singole statuizioni della stessa, sulla base della possibilità di individuare una sostanziale autonomia delle stesse; questo, in definitiva, è il presupposto per dare la risposta al quesito rimesso alla Sezioni Unite, ovvero la possibilità per la Corte di Cassazione, annullando la sentenza di condanna del reato di lottizzazione abusiva per intervenuta prescrizione del reato di poter comunque decidere dell’impugnazione ai fini della confisca, comprendendo anche la possibilità di annullare con rinvio, quanto a tale limitato aspetto, al giudice di merito.
IL GIUDIZIO DELLE SEZIONI UNITE.
Ebbene, a giudizio delle Sezioni Unite la possibilità di individuare all’interno della sentenza statuizioni che restino “immuni” rispetto all’effetto caducante esercitato dalla prescrizione stessa, non può che essere il frutto di disposizioni normative che, espressamente o implicitamente, consentano una tale operazione e, tale disposizione, non può che essere l’art. 578 bis c.p.p..
In particolare, il massimo Consesso ritiene che, quali che siano le ragioni che hanno portato il legislatore ad introdurre la norma nel codice di rito, l’anzidetta norma non può che essere letta secondo quanto in essa espressamente contenuto, in particolare, non potendo non riconoscersi al richiamo della confisca “prevista da altre disposizioni di legge”, formulato senza altre specificazioni, una valenza di portata generale, capace di ricomprendere in essa anche le confische disposte da fonti normative poste al di fuori del codice penale.
Ad avviso delle Sezioni Unite la norma contenuta nell’art. 578 bis c.p. si riferisce, senza dubbio, anche alla confisca urbanistica e, del resto, la sua riferibilità poggia anche su un criterio di evidente razionalità: l’esigenza che ha spinto il legislatore a dettare una norma volta (in analogia con l’art. 578 c.p.p.) ad evitare che la prescrizione del reato vanifichi la confisca di cui di cui all’art. 240 bis c.p., nel frattempo disposta in primo grado o in grado di appello, in linea con il principio di conservazione degli effetti delle pronunce di merito sul punto non sovvertite nei successivi gradi di giudizio, è ancora più tangibile nel caso della confisca di cui all’art. 44, D.P.R. n. 380/2001.
Secondo le Sezioni Unite sarebbe irragionevole consentire che la declaratoria di prescrizione del reato pronunciata nel giudizio di appello o in Cassazione avesse l’effetto di impedire al Giudice dell’impugnazione di decidere sulla confisca.
I Giudici di Piazza Cavour, nella sentenza in commento, chiariscono che se, da un lato, viene riconosciuto al giudice dell’impugnazione che ha dichiarato l’intervenuta prescrizione il potere di decidere sulle statuizioni relative alla confisca, dall’altro lato, va escluso che lo stesso potere possa riconoscersi al giudice del primo grado nell’ipotesi in cui detto giudizio si sia concluso con una sentenza di proscioglimento prima che sia stato accertato il fatto di reato, senza vi sia stato quindi un accertamento di colpevolezza, non essendo infatti ammissibile proseguire un processo al solo fine di accertare fatti che portino all’adozione della misura ablativa.
A tal proposito, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ritiene che debba essere riaffermata la valenza, rispondente ai principi di ordine costituzionale, dell’obbligo di immediata declaratoria della causa di estinzione del reato posto dall’art. 129, co. 1, c.p.p., unicamente derogabile, in senso favorevole, dal comma 2 della stessa norma, ove già risulti con evidenza la sussistenza di una causa di proscioglimento nel merito e, in senso sfavorevole, nel senso di consentire ugualmente la prosecuzione del processo ai fini dell’azione di provvedimenti sanzionatori, solo in presenza di norme che espressamente statuiscano in tal senso.
Le Sezioni Unite chiariscono che manca una norma o un riferimento giurisprudenziale da cui trarre un “obbligo” di compiere l’accertamento della responsabilità nonostante la prescrizione già maturata.
DECISIONE DELLE SEZIONI UNITE NEL CASO DI SPECIE.
Nel caso di specie sottoposto al suo superiore giudizio, la Suprema Corte di Cassazione dopo aver enunciato i principi di diritti sopra riportati, stante l’intervenuta prescrizione del reato che ha comportato l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, alla stregua dei principi espressi e richiamati si è pronunciata sulla confisca disposta dal giudice di primo grado e confermata in appello.
In proposito, tenuto conto che l’unico motivo del ricorso riguardante la confisca è risultato inammissibile per mancanza di interesse ha confermato la statuizione del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto di confisca del terreno abusivamente lottizzato e dei manufatti abusivamente realizzati sullo stesso.
Link utili: http://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/13359_05_2020_no-index.pdf;
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L'avv. Mariagrazia Barretta si occupa prevalentemente di diritto penale. Ha frequentato la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali ottenendo con il massimo dei voti la qualifica di Specialista.
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