Cos’è il whistleblower? Come incide nella lotta alla corruzione?
A partire dal 2012 con la «Legge Severino», l’Italia si è dotata di una norma di prevenzione della corruzione.
Particolarmente significativa è l’introduzione, nel nostro ordinamento, di un sistema di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, c.d. whistleblower.
Il whistleblowing è la possibilità, prevista dalla legge, di segnalare una serie di reati e pericoli sul luogo del lavoro, di frodi e danni ambientali, sociali, alla salute, finanziari, di corruzione o concussione e molto altro ancora.
Il whistleblower potrà segnalare all’Autorità Giudiziaria, Corte dei conti, Autorità Nazionale Anticorruzione, Superiore Gerarchico, Responsabile anticorruzione e/o Organismo all’interno del proprio Ente/Azienda).
Il whistleblowing ha origini antiche, infatti, la c.d. <<delazione>> era in uso già ai tempi dell’impero romano, successivamente, nel medioevo molti comuni italiani introdussero nei propri statuti norme che disciplinavano la delazione.
Lo strumento è sempre stato utilizzato dai regimi totalitari per esercitare un controllo sulle masse.
Ai nostri tempi a partire dagli U.S.A. e in molti Paesi Europei è stato oggetto di normazione e regolamentazione specifiche con finalità di prevenzione dei reati di terrorismo, crimine organizzato e corruzione.
Io sono le mie scelte diceva Sartre; ma vale anche l’inverso: le mie scelte i sentieri che ho percorso, rivelano ciò che sono.
Ogni altra spiegazione è parziale.
Non ho agito in base a prescrizioni morali o imperativi categorici, conformandomi ai dettami di un’etica geometrica, fredda, disincantata e universale. Ho fatto semplicemente ciò che ho sentito essere giusto: la parte del leone l’ha giocata il cuore, non la testa.
Non la legge, ma una esigenza di equità.
Era il 2015 quando, da dirigente di Ferrovie Nord, Andrea Franzoso raccontò alle forze dell’ordine gli sprechi del ‘suo’ Presidente Norberto Achille. Per questo pagò un prezzo alto in azienda, salvo prendersi la sua rivincita con l’approvazione della legge sul whistleblowing.
La legge che ne scaturisce, la 179 del 2017, prevede che il dipendente che segnala al responsabile della prevenzione della corruzione dell’ente o all’Autorità nazionale anticorruzione o ancora all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile le condotte illecite o di abuso di cui sia venuto a conoscenza in ragione a lavoro, non può essere – per motivi collegati alla segnalazione -soggetto a sanzioni, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto a altre misure organizzative che abbiano un effetto negativo sulle condizioni di lavoro.
Sono previste pesanti sanzioni pecuniarie da parte di A.N.A.C. rispetto ad eventuali atti discriminatori in violazione alla suddetta legge commesse dall’Ente/Azienda verso il whistleblower.
IL WISTLEBLOWING MIRA AD ESSERE UN’ARMA VERAMENTE EFFICACE PER IL CONTRASTO ALLA CORRUZIONE.
La corruzione che è un reato che necessita dell’opacità del buio delle relazioni, che approfitta della complessità e a volte contraddittorietà delle norme e soprattutto dell’interesse per i soggetti coinvolti.
Corrotto e corruttore agiscono nell’assoluta riservatezza e quindi disvelare l’accordo criminoso diventa per gli inquirenti un’impresa ardua se non impossibile. Il whistleblower può essere il cavallo di troia, il pertugio di luce corretto per accendere i riflettori su transazioni illecite e palesi infedeltà per il conseguimento di indebite utilità e vantaggi personali.
Lo strumento, però, per quanto astrattamente idoneo a conseguire le finalità citate, necessita di adeguata formazione ai dipendenti e agli stakeholder di un determinato ente e/o azienda , sia per garantire le corrette modalità di esercizio dei diritti connessi al whistleblowing, quindi le modalità tecniche quali la comunicazione a mezzo posta elettronica ovvero con modalità classica quale la corrispondenza anche per il tramite di una apposita cassettina non accessibile ad altri se non al responsabile del whistleblowing.
Soprattutto è necessario formare affinché si possa canalizzare la collaborazione e la partecipazione alla politica di prevenzione della corruzione da parte di dipendenti e stakeholder in modo ottimale e funzionale, per evitare di trasformarlo in uno strumento barocco ridondante inutile.
Un contenitore di mere delazioni, una sorta di confessionale di segreti inconfessabili avulsi dal contesto aziendale e che potrebbero portare addirittura ad incidere negativamente sulle relazioni umane all’interno dell’organizzazione dell’ente / azienda.
Inoltre, il delegato dell’ente e dell’azienda, deve esercitare le funzioni garantendo non solo l’anonimato del whistleblower ma anche assicurando una corretta gestione dei dati relativi a persone fisiche riportati nella segnalazione/denuncia, conformemente alle previsioni del GDPR.
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Co-fondatore di Renna Studio Legale - Avvocato Cassazionista - Corporate Ethics & Compliance Specialist - Lead Auditor ISO 9001- 37001 - 19011. E' partner 24 ore avvocati - Esperto di diritto degli appalti - Cultore della materia di diritto Amministrativo e componente commissione di esami - Università degli Studi "A. Moro" Bari - Facoltà di Economia e Management - Componente di Organismi di Vigilanza e Controllo ex D.lgs. 231/01 e ISO 37001 di società italiane e straniere.
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