di Gaia Tortora
TESTA ALTA, E AVANTI
In cerca di Giustizia, storia della mia famiglia
Gaia Tortora, giornalista televisiva, vicedirettore del TG La7 e conduttrice del talk mattutino su La7 Omnibus.
C’è modo e modo per raccontare una storia drammatica, come può essere una storia di malagiustizia, ma Gaia Tortora decide di farlo da una prospettiva esclusiva, originale ed intima: quella della famiglia, la propria.
Il 17 giugno prossimo venturo ricorrerà il quarantesimo anniversario dalla triste vicenda giudiziaria occorsa ad Enzo Tortora – noto presentatore e giornalista televisivo, tra i volti più noti della RAI – che, alle prime ore del mattino dello stesso giorno del 1983, veniva prelevato in manette dai carabinieri dall’Hotel Plaza per l’accusa infamante di associazione a delinquere di stampo camorristico finalizzato al traffico di droga e armi.
L’autrice ricorda:
“Quel mattino io sono una quattordicenne che deve sostenere l’esame di terza media. Mi sveglio presto, prestissimo: alle cinque e mezza sono già in piedi. In casa c’è trambusto, il telefono squilla a ripetizione, mia madre e mia sorella Silvia si spostano da una stanza all’altra, rumore di passi, di porte che si aprono e si chiudono. Ma io in testa ho pochi, chiari pensieri: ripassare, finire l’anno scolastico, festeggiare a cena con papà e Silvia, poi iniziare la mia estate di libertà. A quell’agitazione non faccio caso più di tanto. In fondo, cosa potrà mai essere successo di così grave?”
Ecco che il racconto di un’adolescente costretta ad una straordinaria prova di maturità, al cospetto di una situazione travolgente, straordinaria e assurda, si fa vivo tra le righe di un pamphlet che si legge tutto di un fiato, costringendo il lettore a lunghe apnee per il disagio e l’imbarazzo per una crudeltà cosi profonda da apparire irreale e che recupera finanche i “rumori” delle serrature del carcere al momento delle visite in carcere del genitore.
Un calvario, quello di Enzo Tortora e della sua famiglia raccontato dalla Figlia, che disvela i mali di un mondo, quello della giustizia, tutt’altro che perfetto ed esposto ad abusi e storture di ogni tipo. Tra queste, sicuramente, la lente dei media che, più che fotografare la realtà cercando di individuare complessità e dettagli, si impegnano troppo spesso in attività distorsive orientate al gossip ed al becero sensazionalismo.
Tortora in manette, quarant’anni fa, riempì per diversi giorni le prime pagine dei più importanti quotidiani italiani e non solo. E ciò diversamente dai trafiletti da terza o quarta pagina riservati alla notizia dell’assoluzione piena pronunciata dalla Corte d’Appello di Napoli nel 1986 e, definitivamente, confermata dalla Cassazione nel 1987. Solo un anno dopo, il 18 maggio 1988, il celebre giornalista morì prematuramente a causa di una malattia.
Come affermava Sartre: “ogni parola produce delle conseguenze ogni silenzio pure”.
Gaia Tortora usa le parole giuste e anche qualche silenzio ed apre una porta al lettore su un tema sempre attuale e complesso come quello degli errori giudiziari.
Enzo Tortora comprese che il suo “caso”, la sua croce, doveva essere l’occasione per contrastare i tanti errori giudiziari che attingevano, ed ancora attingono, le tante persone ignote, prive di mezzi, investite dal tritacarne della malagiustizia. Come non ricordare il suo grido di dolore e di speranza, pronunciato poco prima della sua assoluzione il 15 settembre 1986 nell’aula della Corte d’Appello di Napoli:
«…Devo concludere dicendo: ho fiducia. Io sono innocente, lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi in questo dibattimento. Io spero, dal profondo del cuore che lo siate anche voi…»
Buona lettura!