In attesa del preannunciato “Decreto Ristori-ter” vediamo insieme le principali novità introdotte dal cd. “Decreto Ristori” (Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020, poi integrate dal “Decreto Ristori-bis”( Decreto Legge n. 149 del 9 novembre 2020).
Cosa è previsto con riferimento alla Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga?
I datori di lavoro, che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare domanda di concessione dei trattamenti, per una durata massima di sei settimane.
Le sei settimane devono essere collocate nel periodo ricompreso tra il 16 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021.
Con riferimento a tale periodo, le predette sei settimane costituiscono la durata massima che può essere richiesta con causale COVID-19.
Sono previsti due casi. In particolare, le sei settimane di trattamenti di cui al decreto in commento sono riconosciute:
–ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato l’ulteriore periodo di nove settimane di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, decorso il periodo autorizzato;
– ai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dal Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020 che dispone la chiusura o limitazione delle attività economiche e produttive al fine di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19.
I periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 15 novembre 2020 sono imputati, ove autorizzati, alle sei settimane previste dal decreto in commento.
Le sei settimane di Cig hanno un costo per le aziende?
I datori di lavoro che presentano domanda per periodi di integrazione relativi alle sei settimane versano un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre del 2019, pari:
- al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al venti per cento;
- al 18% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attivita’ lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.
Il contributo addizionale non è dovuto :
-dai datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20% ;
-dai datori di lavoro che hanno avviato l’attività di impresa successivamente al primo gennaio 2019;
-dai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dai provvedimenti che dispongono la chiusura o la limitazione delle attività economiche e produttive (disposta con DPCM 24/10/2020).
Come presentare la domanda?
Ai fini dell’accesso alle sei settimane di trattamenti, il datore di lavoro deve presentare all’INPS domanda di concessione, nella quale autocertifica, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445, la sussistenza dell’eventuale riduzione del fatturato.
L’INPS autorizza i trattamenti in commento e, sulla base della autocertificazione allegata alla domanda, individua l’aliquota del contributo addizionale che il datore di lavoro è tenuto a versare a partire dal periodo di paga successivo al provvedimento di concessione dell’integrazione salariale.
In mancanza di autocertificazione, si applica l’aliquota del 18% .
Sono, comunque, disposte le necessarie verifiche relative alla sussistenza dei requisiti richiesti e autocertificati per l’accesso ai trattamenti di integrazione salariale, ai fini delle quali l’INPS e l’Agenzia delle Entrate sono autorizzati a scambiarsi i dati.
Le domande di accesso ai trattamenti in esame devono essere inoltrate all’INPS, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa.
In caso di pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’INPS, il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui e’ collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione.
Trascorsi inutilmente i termini previsti, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.
I trattamenti di cui trattasi sono concessi nel limite massimo di spesa pari a 57,8 milioni di euro, ripartito in 41,1 milioni di euro per i trattamenti di Cassa integrazione ordinaria e Assegno ordinario e in 16,7 milioni di euro per i trattamenti di Cassa integrazione in deroga.
L’INPS provvede al monitoraggio del limite di spesa. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che e’ stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
Qual è il termine di scadenza della domanda?
La scadenza dei termini di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza COVID-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi che, in applicazione della disciplina ordinaria, si collocano in un periodo tra il 1° e il 30 settembre 2020, è fissata al 15 novembre 2020 (così come previsto e modificato dal decreto Ristori-Bis).
Cosa è previsto con riferimento ai dipendenti neoassunti?
I trattamenti di integrazione salariale sono riconosciuti anche in favore dei lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del Decreto Ristori-bis .
Quest’ultimo amplia i destinatari delle sei settimane di cassa integrazione per Covid-19 (rispetto a quanto previsto dal Decreto Ristori) ai dipendenti in forza al 9 novembre 2020. Ciò al fine di evitare disparità di trattamento nei confronti di tutti i neo-assunti nel corso dell’estate, quando una minima ripresa produttiva ha favorito, in alcuni casi, nuove assunzioni.
Cosa è previsto con riferimento ai licenziamenti?
Fino al 31 gennaio 2021 resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223 (licenziamenti collettivi) e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto.
Fino al 31 gennaio 2021 resta preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
Tale preclusione non si applica nelle ipotesi di:
– licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile;
– nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu’ rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo;
– sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non
sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione.
Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
A differenza del precedente Decreto Ristori, il Decreto Ristori –bis null’altro prevede in merito alla sospensione dei licenziamenti già prorogata per tutti al 31 gennaio 2021.
Tuttavia, sulla base delle notizie diffuse dal Governo, con l’emanazione del preannunciato Decreto Ristori- ter, si prevede un’ulteriore proroga, d’intesa con le parti sociali, probabilmente fino al 21 marzo 2021.
E’ previsto un esonero dal versamento dei contributi previdenziali per le aziende che non richiedono trattamenti di cassa integrazione?
Viene riconosciuto un esonero dal versamento dei contributi previdenziali ai datori di lavoro (con esclusione del settore agricolo) che, pur avendo diritto non richiedano il trattamento delle 6 settimane, per un periodo massimo di 4 settimane, fruibili entro il 31 gennaio 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nel mese di giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, riparametrato e applicato su base mensile.
L’esonero è determinato in base alla perdita di fatturato ed è pari:
– al 50% dei contributi previdenziali per i datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato inferiore al 20%;
– al 100% dei contributi previdenziali per i datori che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20%.
E’ prevista la sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione per i dipendenti delle aziende dei settori economici interessati dalle nuove misure restrittive?
I datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dai provvedimenti che dispongono la chiusura o la limitazione delle attività economiche e produttive al fine di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 (ex DPCM 24/10/2020), possono sospendere i versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria dovuti per la competenza del mese di novembre 2020.
I pagamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria sospesi, potranno essere effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 16 marzo 2021 o mediante rateizzazione fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 marzo 2021.
Tuttavia, il mancato pagamento di due rate, anche non consecutive, determina la decadenza dal beneficio della rateazione.
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