di Stefania Andreoli
PERFETTI O FELICI
Diventare adulti in un’epoca di smarrimenti
L’ultimo saggio della psicoterapeuta Stefania Andreoli è diventato un successo editoriale in pochi giorni dopo la sua pubblicazione. Il libro volge lo sguardo ai giovani adulti, cioè coloro che hanno un’età compresa approssimativamente fra i venti e i trentacinque anni.
I giovani adulti emergono come nuovo soggetto antropologico, una categoria che non era neppure presa in considerazione negli studi di psicologia fino a pochi anni fa, ma che costituisce un gruppo molto numeroso e variegato. La caratteristica che li accomuna è il fatto di portare sulle spalle una grande fatica dell’esistere: in un mondo concentrato sul presente e privo di orizzonti futuri, faticano trovare la propria identità e a trovare un senso alla propria vita. Considerati inetti e scansafatiche, mal rappresentanti dai canali social, ridicolizzati dal mercato del lavoro e ostaggi della famiglia d’origine, i ragazzi sin dalle prime pagine divengono protagonisti attraverso le loro voci dirette, finalmente meritevoli di attenzione, ascolto e cura.
L’autrice scrive dal punto di vista privilegiato di chi conosce a fondo questa fascia d’età. La dottoressa Andreoli è considerata una delle più importanti terapeute dell’adolescenza e i suoi interventi incisivi e coinvolgenti sono ospitati in numerosi convegni e proposti dalle maggiori testate giornalistiche, emittenti radio e tv. Seguitissima sui social, conta oltre duecentomila follower su Instagram, dove risponde anche agli interrogativi dei lettori sui temi della genitorialità e della crescita personale. Ma soprattutto Stefania Andreoli dialoga ogni giorno con i giovani adulti nella sua “stanza delle parole”, come lei definisce il suo studio di psicoterapia, il luogo nel quale i ragazzi portano le loro storie, la loro difficoltà a orientarsi nel mondo, il peso delle aspettative dei genitori, l’ansia, la nostalgia, l’impotenza.
Non ne emerge un panorama idilliaco e coloro che maggiormente escono con le ossa rotte da quest’analisi sono proprio i genitori, gli adulti che credono di essere cresciuti benissimo e proiettano aspettative inverosimili sui propri figli. Il complesso tema dello svincolo familiare, nel passaggio dalla dimensionale filiale a quella dell’autonomia adulta, si pone come centrale: viene esplorata la tendenza della famiglia contemporanea a pararsi di fronte al giovane adulto, impedendogli il passo verso l’uscita, sulla scorta della convinzione “io so chi sei, meglio di te”. La famiglia viene descritta come una “rete intricata di sacrifici, rinunce, sensi di colpa, promesse di lealtà, silenzi e alleanze”, che mantiene i figli al suo interno il più a lungo possibile e non ne promuove l’indipendenza.
D’altro canto la fatica più grande per i giovani adulti sembrerebbe l’amore. Nella visione comune i ragazzi appaiono liberi, spavaldi, disinibiti, ma le testimonianze che emergono dalla lunga esperienza clinica dell’autrice restituiscono l’immagine di una generazione estremante fragile, disorientata nelle relazioni personali, insicura e spaventata dalla sfera della vita sessuale.
Ampio spazio viene dedicato anche al tema del lavoro. In questo ambito si delinea una vera contrapposizione tra i Millennials e i baby boomers, cioè i loro genitori, parenti, colleghi senior e dirigenti a lavoro, in una sorta di lotta generazionale, nella quale il dialogo è messo al bando. Perciò nella mente dei giovani adulti, il futuro è un fantasma che appare così poco affrontabile da suggerire ai più di mantenere un canale diretto con il passato per tornarvi quanto prima o restarvi ancorati, finendone immobilizzati, come risucchiati dalle sabbie mobili.
Eppure le tante voci di giovani che popolano le pagine del libro non ispirano pessimismo, anzi lasciano chiaramente intravedere la speranza nel futuro che non poggia sulle spalle dei genitori ma su quelli dei figli, i soli ancora capaci di una visione lucida e autentica del mondo. “Quanto costa cercare sé stessi, scorgersi all’orizzonte, venirsi incontro e infine trovarsi?”, di domanda Martina, studentessa di ventisei anni, alla fine del libro. Diventare sé stessi è un viaggio faticoso e doloroso, che non potrà mai dirsi del tutto compiuto, ma sembrerebbe l’unica cura al male di vivere in questo libro che si rivolge a i giovani ma prima ancora ai loro genitori.
Buona lettura.
Maria Pia Carlucci