di Veronica Raimo
LA VITA È BREVE
La penna tagliente di Veronica Raimo torna in libreria con una raccolta di undici racconti, scelta editoriale non comune nel panorama editoriale attuale.
Conosciuta per lo stile ironico con cui descrive le relazioni nella trama di storie amare e allo stesso tempo divertenti, l’autrice rivolge in questi racconti un ampio sguardo sull’universo femminile che viene presentato in ogni sfaccettatura.
Ci sono donne disinibite, ragazze determinate con le idee chiare per il proprio futuro e donne vulnerabili che mentono, donne complicate e ribelli, forti e pungenti, ma anche fragili e insicure.
Tra i personaggi principali troviamo una giornalista che si imbatte in un’intervista con una giovane terrorista, una fotoreporter che deve fare i conti con la morte del padre, una ballerina che si lascia coinvolgere in una relazione complessa con il suo maturo coreografo, una scrittrice che per superare il blocco della pagina bianca inizia un’insolita relazione con il figlio disabile della vicina e infine due studentesse universitarie, la cui storia d’amore viene messa alla prova a causa dei loro tradimenti.
Particolarmente riuscita è la rappresentazione della media borghesia, quella nella quale l’autrice è cresciuta, dove il sopruso più grande è la paranoia genitoriale che vieta ai figli di avere un’infanzia spensierata fatta di giochi in cortile e ginocchia sbucciate.
Il lettore non deve aspettarsi un testo impegnativo, solenne: il libro si legge in poche ore e cattura costantemente la curiosità attraverso la tensione narrativa.
Non si tratta di storie straordinarie, di eventi epocali, perché ogni racconto ha il sapore familiare di situazioni note, di circostanze in cui ci siamo trovati o avremmo potuto imbatterci.
Ognuno di noi si immedesima in un personaggio, ritrova i tratti bizzarri di un parente, il riflesso di un’amicizia vissuta, ma non potrà rilassarsi troppo sul divano perché, proprio quando tutto sembra scorrere col tono della burla o della parodia, arriva un violento scossone di dramma.
I libri di Veronica Raimo rimandano sempre l’idea che la vita sia continuamente in bilico tra vero e falso: il vero non esiste e il falso talvolta è più attendibile del vero. In tutto questo i personaggi si aggirano smarriti e incapaci di trovare un senso.
Solo l’ironia e più ancora l’autoironia possono essere un’arma di difesa preventiva verso il dolore o una chiave per leggere e interpretare il mondo e quindi sopravvivere. Non un’ironia squillante e ridanciana quindi, ma sempre attraversata da un velo di tristezza che cala anche nella situazione più buffa.
La scrittura di Veronica Raimo sa giocare con diversi registri, un’abilità che addomestica l’urgenza della scrittura con metafore, termini ricercati e immagini a effetto, cui si affiancano dialoghi gergali e toni colloquiali.
Si nota quasi un netto stacco tra le parti narrative, in cui si avverte la necessità di confidarsi e svuotare le scarpe dei sassolini nascosti, e le parti dialogate, dove viene rappresentato in maniera cruda e realistica il paradosso dei rapporti umani.
In definitiva Raimo riesce a parlarci di situazioni difficili senza perdere la leggerezza.
Le emozioni si susseguono legandosi e mescolandosi così come gli eventi narrati. Ridiamo di gusto e poco dopo soffriamo con lei e per lei, ma anche per noi stessi.
Tuttavia il messaggio finale è sicuramente positivo: il dolore della realtà è sottile, un rumore di fondo, ma la bellezza esiste, anche se nascosta.
L’autrice non parla mai esplicitamente di bellezza, di meraviglia, di felicità, ma loro ci sono e risiedono anche nella capacità di raccontare senza fronzoli, senza indorare la pillola, senza compiacere nessuno.
Buona lettura.
Maria Pia Carlucci