di MASSIMO RECALCATI
LA LUCE DELLE STELLE MORTE
SAGGIO SU LUTTO E NOSTALGIA
Recensione a cura di Maria Pia Carlucci
Il lutto è un’esperienza ineludibile che attraversa ogni esistenza. Non è soltanto la perdita fisica di qualcuno, ma anche la perdita di qualcosa che non ci sarà mai più restituito: “la madre, l’infanzia, il vigore della giovinezza, le occasioni, gli amori, una vita diversa, i progetti, ecc”.
Quest’ultimo saggio di Recalcati si propone di offrire gli strumenti per superare la perdita definitiva, che è un’esperienza solo umana. Gli altri esseri viventi (animali e piante) possono avere percezione della propria esistenza biologica, ma vivono in un eterno presente: non conoscono l’erosione del tempo. Per questa ragione non vivono la separazione da sé stessi, non vivono lo struggimento del desiderio né la pena della mancanza dalla quale esso sorge. Nella vita dell’uomo nulla è più certo e necessario della morte, nulla più traumatico e doloroso.
Secondo l’autore, il lavoro di elaborazione del lutto è un processo che non avrà mai fine. Ogni avvenimento della nostra vita ci cambia in maniera definitiva, ogni legame significativo si scrive in noi in modo indelebile e non smette di esistere neanche dopo la sua scomparsa. Non esiste compimento del lavoro del lutto, poiché la nostalgia è l’essere visitati da chi è scomparso, dai ricordi e dalle immagini che ci vincolano a ciò che abbiamo irreversibilmente perduto. Occorre allora trovare un nuovo senso, guardare con occhi diversi.
Recalcati suggerisce di usare la nostalgia come propulsore di un rinnovamento della vita, affinché la mancanza non sia solo rimpianto, ma sia soprattutto gratitudine: “Quando guardiamo il cielo stellato sopra le nostre teste, ammiriamo una presenza che è fatta di assenza o una assenza che si rende presente.[…] Vediamo la luce delle stelle brillare nel buio della notte senza pensare che sia generata da un oggetto già morto. È il volto più proprio della seconda nostalgia, della nostalgia-gratitudine: quello che è passato non è più tra noi ma, anziché diventare oggetto di un rimpianto regressivo, risplende nella sua assenza raggiungendoci come una visitazione inattesa. La nostalgia-gratitudine sa contemplare lo splendore dell’apparizione della luce come resto del corpo morto della stella, della luce come presenza viva di un’assenza”.
L’autore individua in Ulisse la figura fondamentale della nostalgia. Il suo ritorno a Itaca dopo aver ristabilito l’ordine e la legge è solo apparente, perché l’eroe riprende il viaggio subito dopo per dirigersi verso una terra inesistente, un altro impossibile ritorno. In questo caso il termine nostalgia è da intendersi come “la doppia anima del desiderio umano: da una parte il rimpianto per la cosa perduta, per il corpo della madre, per l’oggetto da sempre perduto, dall’altra il desiderio come apertura inaudita, tensione verso il nuovo, l’altrove, il non ancora visto, conosciuto, vissuto”.
Ma la nostalgia ha anche il volto della gratitudine. Pensiamo alla luce delle stelle che ammiriamo nel cielo stellato senza pensare che esse siano generate da oggetti morti. È il passato che non è più tra noi ma anziché diventare oggetto di rimpianto regressivo, risplende nella sua assenza raggiungendoci come una visitazione inattesa. Nella terza e ultima parte del saggio Recalcati rievoca chi nella sua vita gli ha lasciato una nostalgia che diviene una forma particolare di eredità: il vecchio professore di filosofia che rivive nei suoi gesti, nelle sue parole, nel suo modo di insegnare; la voce del cantautore Claudio Lolli che ascoltava ripetutamente per lenire altre ferite, altre morti; la sua insegnante d’italiano Giulia Terzaghi che aveva saputo trasmettergli piena fiducia in sé stesso. Nel loro ricordo si attua perfettamente la metamorfosi della nostalgia in gratitudine, del rimpianto in riconoscenza.
Maria Pia Carlucci
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