di Gianrico e Giorgia Carofiglio
L’ORA DEL CAFFÈ
Manuale di conversazione per generazioni incompatibili
Il libro che Gianrico Carofiglio ha scritto con la figlia Giorgia nasce da una scommessa azzardata: provare a elaborare e a ricomporre disaccordi e incomprensioni fra due individui che appartengono a generazioni diverse. I confronti tra padre a figlia, 61 anni lui e 27 lei, sono quelli tra un figlio della generazione boomer e una millenial, che si ritrovano solo parzialmente in queste etichette ma non possono che constatare la frattura generazionale che li divide.
Un’impresa complicata che ha condotto gli autori a parlare, litigare, ragionare, per cercare di aprire una finestra l’uno nell’universo dell’altra, mettendo da parte i propri pregiudizi. Non hanno eliminato tutte le loro divergenze, ma hanno elaborato una serie di ragionamenti in cui si combinano entrambi i punti di vista.
Questa scommessa audace è stata vinta da entrambi: esiste la possibilità di un linguaggio comune, di un’idea condivisa del mondo e del futuro.
“Siamo partiti da una consapevolezza: per capirci non potevamo solo discutere delle nostre posizioni e decidere quale fosse razionalmente preferibile. Dovevamo scoprire da dove venivano le rispettive opinioni, provare a vedere le cose con occhi differenti, prima di parlarne con parole differenti. Occorreva mettere in dubbio le reazioni istintive, le formule automatiche, gli schemi mentali rigidi”.
I due autori si sono confrontati su questioni difficili: l’impatto etico e ambientale del consumo di carne, la salute mentale, il clima, il femminismo, l’omofobia, il lavoro, la disaffezione dei giovani verso la politica.
Su quasi tutti questi temi le divergenze di opinioni sono molto spesso non soltanto ideologiche, cioè generate dalle nostre convinzioni personali e politiche, ma sono anche profondamente generazionali. Un sessantenne come Gianrico Carofiglio ha, ad esempio, una visione del mondo del lavoro, in cui si è mosso con facilità fin dall’inizio, del tutto diversa da una giovane donna come sua figlia, che di quel mondo conosce prima di tutto la precarietà e la difficoltà a entrarvi in modo stabile. Riguardo all’ambiente, poi, la frattura è ancora più profonda. I più giovani non possono che incolpare la generazione precedente di essere largamente responsabile dei danni che l’umanità continua ad arrecare al pianeta e che rischiano di precluderci un futuro vivibile.
Ai giovani è ormai chiara la fallacia del principio che ogni generazione migliori rispetto a quella che l’ha preceduta, ma questo, anziché un alibi per arrendersi, deve essere uno sprone a combattere per raggiungere una vita adulta che vada oltre il confine segnato dal fallimento. Individuando e ammettendo i propri errori ogni generazione può sottrarsi al marchio dell’indifferenza e puntare in alto, padrona dei propri sogni e delle proprie speranze.
Come si possono comporre allora queste fratture che sembrano del tutto insanabili? Il primo passo, secondo gli autori, è acquisire consapevolezza della pluralità del reale: la verità non è mai una sola, ma è fatta di tante realtà, perché ognuno di noi vive nella propria e “un filo d’erba appare del tutto diverso alla formica e alla mucca”. Esiste inoltre un’etica del confronto, basato sull’ascolto dell’altro, sul rispetto, sull’apertura alle idee diverse. Il messaggio più importante che emerge dalla lettura è allora questo: non si dovrebbe discutere di un argomento cercando solo di convincere l’interlocutore che le sue idee sono sbagliate e che siamo noi ad avere quelle giuste, come in definitiva accade quasi sempre. Sarebbe invece necessario sforzarsi prima di tutto di capire come e perché chi ci sta di fronte abbia maturato le sue convinzioni. Si può discutere cercando di prendere in considerazione la versione migliore della tesi del nostro interlocutore, senza liquidarla come irragionevole. Solo in quest’ottica ogni discussione diventa utile e si possono costruire ponti fra le diverse esperienze, fra generazioni solo apparentemente incompatibili.
Come sempre nei saggi di Carofiglio, viene sottolineato il valore potenziale e pratico delle parole. Il risentimento a volte insorge laddove manca un lessico specifico per argomentare un disagio o anche un pensiero, la frattura si crea per incompatibilità, quando una delle due parti non si sente compresa. Per arrivare a una comunicazione efficace bisogna trovare un linguaggio condiviso, individuare parole che non generino scontro e rabbia.
“Cambiare implica, richiede, anche una riflessione sulle parole. Il linguaggio rispecchia l’ideologia degli assetti sociali e delimita lo spazio di ciò che possiamo pensare e financo immaginare”.
Aprirsi all’altro, ascoltare e accoglierne il pensiero è già un buon punto di partenza, ma non basta: bisogna configurare di nuovo le posizioni, ridefinire la modalità del confronto, analizzare tassello per tassello i punti di vista diversi, combinandoli tra loro.
Gianrico e Giorgia Carofiglio sono al loro esordio nella scrittura a quattro mani. Gli affezionati lettori di Carofiglio padre ritroveranno molti temi cari all’autore, già sviluppati in altri saggi, e saranno forse delusi dal fatto che non vengono presentati argomenti radicalmente nuovi ma solo rielaborazioni arricchite da aneddoti e citazioni. L’opera può essere comunque considerata un valido pamphlet che si rivolge a un pubblico di persone adulte, ma anche a un pubblico di giovani, per aiutare entrambi a stabilire una comunicazione intergenerazionale che deve essere alimentata come pratica quotidiana. Questo proposito, una delle parti più godibili dell’opera è l’ultimo capitolo, intitolato Una specie di postfazione, il resoconto del dialogo che ha portato alla stesura del libro stesso, con un padre un po’ troppo cattedratico e una figlia sottilmente polemica, il tutto condito da una generosa dose di umorismo.
Un saggio piacevole, quasi un racconto, tanto scorrevole quanto illuminante, dallo stile agile ma attento a una ricerca efficace del lessico più pregante.
Buona lettura.
Maria Pia Carlucci