Abstract.
Con la protesta denominata “#Io Apro” partita dal web si è invitato i gestori dei locali a riaprire le proprie attività di ristorazione e somministrazione cibo e bevande (ristoranti, pizzerie, bar, pub) disobbedendo alle norme adottate al fine di contenere la diffusione del virus Covid 19.
Ma è vero quello che si sente dire in giro? La “disobbedienza civile” alle misure anti Covid-19 conviene o in caso di trasgressione delle norme anti-contagio si rischiano sanzioni ben più pesanti della semplice sanzione pecuniaria?
Cos’è la disobbedienza civile?
Per “disobbedienza civile” si intende il rifiuto da parte di un gruppo di cittadini organizzati di obbedire a una legge giudicata iniqua, attuato attraverso pubbliche e pacifiche manifestazioni.
Venendo alle sue origini, la locuzione (civil disobedience) fu introdotta nel 19° sec., negli USA, dallo scrittore e filosofo H.D. Thoreau, imprigionato per essersi rifiutato di pagare le tasse legate alla guerra contro il Messico.
Sappiamo che il DPCM del 24 ottobre 2020 ha previsto una sorta di “mini-lockdown” che, inevitabilmente, ha continuato a limitare (seppur in maniera meno stringente rispetto al primo lockdown) le libertà di tutti noi, travolgendo drasticamente l’economia del nostro Paese.
La chiusura da tanti, troppi mesi, delle attività dei servizi di ristorazione e somministrazione di cibo e bevande (bar, ristoranti, pizzerie, pub, gelaterie, pasticcerie) alle ore 18.00 (sempre là dove, di settimana in settimana, la colorazione della Regione lo consenta in base ai dati del contagio di volta in volta registrati), la chiusura delle palestre, piscine, impianti sciistici, dei cinema, dei teatri, delle sale giochi e scommesse, ha portato al collasso intere attività.
Ciò, inevitabilmente, ha fatto perdere letteralmente la pazienza ai tanti imprenditori che non ce la fanno più e per di tenere in vita la propria attività, evitandone il fallimento, per far fronte ai bisogni delle proprie famiglie e dei propri dipendenti decidono di disobbedire a delle leggi che considerano ingiuste.
È lecito disobbedire ad una legge?
Va detto che disobbedire ad una legge, sebbene in conflitto con i propri principi e la propria morale, non è mai lecito.
Quali sono i rischi e le conseguenze della disobbedienza civile nell’era del “semi-lockdown”?
Al contrario di quello che si sente dire “in giro”, la disobbedienza ad una legge che si ritiene ingiusta può comportare non soltanto una mera sanzione amministrativa ma anche l’obbligo di chiusura dell’attività e, nei casi più gravi, anche l’arresto.
Infatti, è previsto che, salvo i casi più gravi, dove il fatto costituisce reato (reato di falso, di lesioni ed omicidio, nella forma dolosa o colposa, sino ad arrivare a quello di epidemia dolosa o colposa), il mancato rispetto delle misure di contenimento individuate ed applicate con i provvedimenti adottati dal Governo è punito con
- la sanzione pecuniaria che va da un minimo di € 400,00 ad un massimo di € 3.000,00
- da corrispondersi in misura pari al minimo, ridotta di un ulteriore 30%, se la sanzione è pagata entro 5 giorni dalla contestazione o dalla notificazione
- la sanzione amministrativa accessoria che comporta la chiusura provvisoria dell’attività da 5 a 30 giorni
- In caso di recidiva la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria che comporta la chiusura temporanea dell’attività è applicata nella sua misura massima, 30 giorni (art. 4, co. 5, D.L. n. 19/2020).
Ma parliamo di reati.
Ignorare i divieti anti Covid-19 può costare molto caro.
È previsto che chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo
- è punito con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da € 500,00 ad € 5.000,00 (Art. 260, comma 1, Testo unico delle leggi sanitarie, come modificato dall’art. 4, comma 7, D.L. n. 19/2020 e succ. mod.),
- salvo che il fatto costituisca la violazione dell’art. 452 c.p. (epidemia colposa) che, nei casi più gravi, è punito con la reclusione da 3 a 12 anni.
Senza dimenticare le responsabilità penali in cui può incorrere il datore di lavoro nel caso in cui il contagio del Coronavirus si sia diffuso nell’ambiente di lavoro.
Qualora non siano state adottate tutte le misure necessarie a prevenire il rischio di contagio da Covid-19 e ne sia derivata la malattia o la morte del lavoratore,
- il datore di lavoro della società può incorrere nella responsabilità penale per i reati di lesioni personali colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, fino alla possibilità dell’omicidio colposo in caso di decesso del lavoratore (art. 589 c.p. e art. 590 c.p.).
Qualora sia provato che il reato di lesioni gravi o gravissime e/o quello di omicidio colposo sia stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente (per quelle realtà organizzate in forma di società), inevitabili saranno le conseguenze anche sotto il profilo della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D. Lgs. 231/2001.
Costituendo i reati di lesioni (gravi o gravissime) e di omicidio colposo reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ex D. Lgs. 231/2001, potrebbe essere contestata alla società la responsabilità amministrativa degli enti in relazione all’art. 25 septies D. Lgs. 231/2001.
Tale responsabilità potrebbe essere ritenuta sussistente nell’ipotesi in cui la società abbia omesso di adottare le misure di prevenzione del contagio, ad esempio per risparmiare costi per l’adeguamento delle misure di prevenzione a discapito della salute dei lavoratori.
Qual è la conseguenza in caso di condanna per uno degli anzidetti delitti?
Ai sensi dell’art. 25 septies del D Lgs. n. 231/2001 è prevista l’applicazione all’ente di una sanzione pecuniaria che, nell’ipotesi reato di omicidio colposo, può arrivare fino a 1,5 milioni di euro nonché l’applicazione delle misure interdittive previste dall’art. 9 del medesimo decreto legislativo (che possono spaziare dall’interdizione dall’esercizio dell’attività, alla sospensione e revoca di autorizzazioni, di licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, al divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, all’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi ed al divieto di pubblicizzare beni o servizi).
Sei ancora sicuro che disobbedire sia la scelta giusta?
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L'avv. Mariagrazia Barretta si occupa prevalentemente di diritto penale. Ha frequentato la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali ottenendo con il massimo dei voti la qualifica di Specialista.
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