Francesco Caringella, è “nato” prima di diventare presidente di sezione del Consiglio di Stato. A voler ripercorrere la sua carriera lavorativa non possiamo dimenticare che è stato ufficiale della marina militare oltre che commissario di polizia e magistrato. Autore di molte opere giuridiche e, da decenni, impegnato nella formazione di futuri magistrati e avvocati. Tra i suoi romanzi ricordiamo: Il colore del vetro (2012); Non sono un assassino (2014) si è aggiudicato il Premio Roma e il Premio Lomellina in giallo; Dieci minuti per uccidere (2015); i saggi: Dieci brevi lezioni sulla giustizia (2017), La Corruzione spuzza (2017), La Corruzione spiegata ai ragazzi (2018); i thriller procedurali Oltre ogni L’estate di Garlasco (2019) La migliore bugia (2022).
Il romanzo di Francesco Caringella “Oltre ogni ragionevole dubbio” – edito per il Giallo Mondadori (2019) – è un legal thriller all’americana, dove la maggior parte della narrazione si sviluppa all’interno delle aule del Tribunale di Bari, in particolare nella camera di consiglio dove il giudice, in questo caso una donna, Virginia della Valle, si ritira per la decisione sulla causa.
La protagonista assoluta del romanzo, in quell’assolata stanza in cui si decidono le vite degli altri, è infatti Virginia Della Valle, straordinaria presidente della Corte d’Assise. Sulle sue spalle il fardello terribile del verdetto: avrà quindici ore per venire a capo, insieme ai giurati, di un mistero che si infittisce, mentre le ombre delle notte si spalancano sul lungomare e la verità si allontana, beffarda, con le sue menzogne.
La giuria è composta da otto persone: sei giurati popolari e due magistrati che devono decidere della colpevolezza o dell’innocenza di due imputati, Antonella e Giulio, amanti.
Il caso è anomalo, la vittima Michele De Benedectis, scompare misteriosamente ai primi di gennaio ma i suoi conti correnti sono stati ripuliti e il testamento cambiato di recente a favore della seconda moglie, la giovane e conturbante Antonella.
La bella moglie ha intrecciato una relazione con Giulio, giovane e spiantato musicista, con il quale rende pubblica la relazione poco dopo la scomparsa del marito.
Gli inquirenti, insospettiti dagli strani movimenti bancari di De Benedectis a favore della giovane moglie, prima della sua scomparsa, intercettano i cellulari dei due giovani amanti e dai loro dialoghi scoprono la complicità della coppia nell’assassinio e nell’ occultamento del cadavere del marito della donna.
Dalle dichiarazioni dei due accusati, però, emerge un quadro piuttosto confuso: entrambi si accusano dell’omicidio dell’imprenditore ma cambiando più volte versione, sia su chi sia stato l’esecutore, sia sulla modalità dell’assassinio, fino all’arma del delitto, introvabile, così come il corpo della vittima.
La perlustrazione del fiume dove è stato gettato il cadavere – così come indicato dagli imputati – ha portato a ritrovare, infatti, solo una scarpa e un documento appartenenti a Michele De Benedectis.
Questo ritrovamento, insieme alle intercettazioni in cui i due accusati parlano del delitto commesso e di come hanno fatto sparire il cadavere, sono i soli elementi in mano all’accusa.
Intanto la vicenda giudiziaria è subito diventata un caso di cronaca prediletto dai media, grazie al giornalista Ferdinando Coppolecchia, (ex fidanzato del giudice Della Valle) anchorman di una TV locale, dove la giustizia, quasi sempre, diviene spettacolo trash.
La giuria si trova così davanti un compito difficile: condannare entrambi gli imputati sulla base di indizi frammentari o assolverli entrambi per insufficienza di prove.
Ore e ore di camera di consiglio non dirimono la questione, la frattura nella Corte d’Assise diventa insanabile e il peso del voto decisivo sarà ancora una volta sulle spalle del giudice Virginia Della Valle, tormentata dai dubbi e dai fantasmi di sentenze passate che pesano come macigni sulla sua coscienza.
La sentenza, così come gli altri colpi di scena riservatici dall’autore nell’epilogo, li lasciamo alla lettura del romanzo, veramente ben confezionato, sia nella trama che nella costruzione dei personaggi.
La narrazione è fluida e coinvolgente e descrive, in modo adeguato, i tormenti di Virginia e i cambiamenti d’opinione che coinvolgono i giurati, che si dividono tra quelli che hanno quasi paura a esprimere la loro opinione e quelli, invece, così sicuri da avere il verdetto già in tasca.
Il giudice Virginia Della Valle incarna nel suo ruolo il dubbio, la lotta al pregiudizio, il bisogno che la giustizia vada “oltre ogni ragionevole dubbio” così il meccanismo che la governa può prescindere anche dalla presunta verità dei fatti o dalle inequivocabili sensazioni di colpevolezza degli imputati.
Lo scrittore porta al centro della narrazione il meccanismo giudiziario intorno al pronunciamento di una sentenza e il delicato compito del presidente di incanalare tutte le osservazioni e i pareri verso un’unica corrente di pensiero, che rappresenti nel modo più fedele possibile l’accaduto e che cerchi di trovare la risposta più plausibile.
Sullo sfondo l’arena virtuale dei media, pronta a dare in pasto al grande pubblico, assetato di storie morbose, un processo basato su una ricostruzione faziosa dei fatti, dove è facile schierarsi e l’unica cosa che conta è solo l’audience.
L’autore rispetta le aspettative rosee dei propri lettori, ancora una volta rapiti dall’incedere di una storia accattivante e che lo diventa sempre di più con il passare delle pagine; il destino è segnato e trova posto ancora una volta nella bacheca dei successi letterari.
Affascinante la scrittura di Francesco Caringella, ci riporta alla mente un celebre aforisma di Silone: “Ogni romanzo, insegna Silone, è prima di tutto una storia d’amore. Non importa se amore felice, sperato, fallito, tradito o inseguito. Comunque, amore. E cioè desiderio dell’altrui felicità”.
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