Francesco Spiedo (1992) nasce a Napoli, da madre docente ansiosa e padre operaio ora in pensione. Cresciuto a San Giorgio a Cremano, studia per diventare ingegnere anche se non praticherà mai. Inizia a scrivere su commissione e su riviste, sotto falso nome e come ghostwriter. Stiamo abbastanza bene (2020) Fandango è il suo primo romanzo.
Un grande romanzo necessita di due qualità: forza cognitiva e potenza immaginativa, più una spezia: la passione.
Cognizione, immaginazione, passione tanta sottile ironia e un sottofondo di leggerezza, di matrice calviniana, consentono al lettore di immergersi nelle pagine di Francesco Spiedo.
Una commedia famigliare ironica e struggente, in cui due generazioni in apparenza lontanissime vengono messe a confronto, su un tema che riguarda tutti noi: quanto bene e quanto a lungo sappiamo mantenere un segreto, e qual è il prezzo che siamo disposti a pagare per difenderlo? Non si sfugge al passato perché il passato non muore mai. La conferma di una nuova voce letteraria, comica, pungente e cinica senza cattiveria rispetto alle nostre (comuni) debolezze.
Estate torrida, in una Palma Campania popolata prevalentemente da c&c cataratte e cateteri, questo nella percezione, non certo amichevole, di Enrico uno dei tre giovani protagonisti del racconto di Spiedo.
Una figura centrale del racconto, un po’ Sibilla cumana un po’ moderna Cassandra è la Nonna Anna o meglio come vedremo in fondo al romanzo Nanninella.
I ricordi della nonna, per la verità, non sono parentesi narrative ma vere e proprie finestre di esistenza.
A proposito dell’importanza dei ricordi, nel romanzo si incontra anche la poesia “…Non cancellare i ricordi, ricorda tutto, ogni cosa, ogni dettaglio, cura la memoria come fosse un giardino, strappa via tutte le erbacce, proteggi i fiori, annaffia le piante giuste e nel momento giusto, con la giusta dose d’acqua senza esagerare. Recinta e tieni tutto in ordine, ma semina anche il resto dell’orto. Potrai tornare a guardare quei fiori ogni volta che lo vorrai e sarà con un sorriso”.
Ma torniamo a “Non muoiono mai”; titolo che disvela il senso solo nelle ultime pagine. La narrazione è incentrata su tre cugini che decidono autonomamente di passare un’estate nella casa della nonna, una vecchia villa di campagna a Palma Campania e, cosi si ritrovano dopo anni di silenzi.
Vediamoli uno ad uno: Enrico, un moderatore di contenuti social in cerca di un posto tranquillo dove lavorare, alle prese con una connessione internet complicata; Margherita, che ha tagliato quasi tutti i ponti con la famiglia e che, preda della nostalgia, torna dopo dieci anni trascorsi a Parigi e per questo nel romanzo diventa da subito Margot; e Pasquale, il più giovane dei tre, che si è appena laureato in Agraria e vuole prendersi cura del giardino della nonna, o almeno così dice.
Ognuno di loro, in realtà, è portatore di un dolore importante e cela un segreto per la propria permanenza nella vecchia villa.
Anche la nonna, 90 anni da poco compiuti, non solo non è fuori di testa come lascia intendere (forse), ma ha tenuto nascosta per tutta la vita una storia d’amore vissuta a cavallo della seconda guerra mondiale che ora la ossessiona, come il ricordo del cane senza coda che ha caratterizzato questa lontana liaison.
La convivenza forzata tra i quattro – a cui si aggiunge Ljudmila, la badante moldava, che comunica con la nonna solo a gesti e monosillabi – si tinge di assurdo quando i nipoti iniziano a credere che (l’apparente) sragionare della nonna siano degli oracoli da usare come bussola per ogni decisione di qualche importanza della loro vita.
Non mancano aneddoti drammatici, che si rivelano al tempo stesso comici come infortuni e dialoghi serrati o monchi, sguardi, emozioni e immagini, che si susseguono senza un ordine particolare, ma con un filo narrativa che consente al lettore di non staccare mai l’attenzione.
Altro tema centrale è l’amore che è “il soldo dei poveri” e rende la vita “…come un pallone Supersantos, puoi tirare forte quanto vuoi ma quello va a vento e prende traiettorie imprevedibili…”
Una grande storia d’amore si disvela in un segreto che congiunge in una parabola immaginaria generazioni diverse e donne diverse rispetto ad una convergente figura maschile, che dai bordi del racconto entra in scena da protagonista.
Non voglio spoilerare oltre e il bello è davvero dappertutto.
Il napoletano interseca i discorsi dei protagonisti, la scelta di recuperare l’idioma dialettale ha i tempi giusti e dona musicalità ad un racconto avvincente, che alterna al comico, il tragico, quando non il farsesco come la vita di ciascuno di noi, che ha la possibilità di rivedersi nelle fragilità di questi personaggi.
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Co-fondatore di Renna Studio Legale - Avvocato Cassazionista - Corporate Ethics & Compliance Specialist - Lead Auditor ISO 9001- 37001 - 19011. E' partner 24 ore avvocati - Esperto di diritto degli appalti - Cultore della materia di diritto Amministrativo e componente commissione di esami - Università degli Studi "A. Moro" Bari - Facoltà di Economia e Management - Componente di Organismi di Vigilanza e Controllo ex D.lgs. 231/01 e ISO 37001 di società italiane e straniere.
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