A seguito della pandemia e delle misure emanate per contenere i suoi inevitabili effetti sull’economia, ha suscitato particolare perplessità la disposizione contenuta nell’art. 13, lett. m) del D.L. n. 23/2020, rubricata “Fondo centrale di garanzia PMI”. Disposizione, quest’ultima, che, pur salutata con particolare favore, non ha mancato di creare notevoli dubbi sulla sua portata e sui suoi riflessi sugli istituti di credito.
Il principale dubbio che si è posto è se la banca, in forza della disposizione normativa in esame, sia obbligata a concedere il finanziamento richiesto dall’impresa in difficoltà o se, al contrario, la banca possa decidere se concederlo o meno.
LA NORMA.
Come sempre, è bene partire dal dato normativo. Leggiamo insieme la norma.
L’art. 13, lett. m) del D.L. n. 23/2020 prevede che: “l’intervento del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese è concesso automaticamente, gratuitamente e senza valutazione e il soggetto finanziatore eroga il finanziamento coperto dalla garanzia del Fondo, subordinatamente alla verifica formale del possesso dei requisiti, senza attendere l’esito definitivo dell’istruttoria da parte del gestore del Fondo medesimo”.
COME SI INTERPRETA?
Nel leggere frettolosamente o superficialmente la norma, si potrebbe essere indotti a pensare che il decreto liquidità, nel discorrere di una concessione “automatica” e “senza valutazione”, possa riferirsi alla banca chiamata a concedere il finanziamento. Ad una lettura più attenta, però, è possibile notare che le dette espressioni non si riferiscono all’operato della banca quanto, piuttosto, all’intervento del Fondo centrale di garanzia.
È dunque la garanzia ad essere concessa automaticamente e senza valutazione, e non l’erogazione del finanziamento, la quale presuppone, da parte dell’istituto di credito che riceve la richiesta, una doppia valutazione, che attiene, da un lato, al merito creditizio del soggetto richiedente e, dall’altro, alla sussistenza dei requisiti soggettivi previsti dalla norma (ossia il fatto che la situazione di crisi sia temporanea e causata dalla pandemia, e quindi non preesistente, e che si tratti di una piccola o media impresa).
La Banca, infatti, nel momento in cui concede credito, essendo tenuta ad una sana e prudente gestione del risparmio, ha l’obbligo di effettuare una valutazione del merito creditizio del soggetto richiedente ed il decreto liquidità, sul punto, non esonera le banche dal procedere ad una simile valutazione.
La conseguenza è che le banche, in caso di mancate verifiche e di difetto della dovuta diligenza professionale, restano esposte al rischio di perdere la garanzia dello Stato nonché di essere chiamate a rispondere di concessione abusiva di credito.
LA GIURISPRUDENZA.
A questa impostazione ha aderito la pressochè unanime giurisprudenza di merito.
TRIBUNALE DI MONZA.
Innanzi al Tribunale di Monza, un soggetto ha proposto reclamo contro l’ordinanza che aveva respinto la sua richiesta di ordinare alla banca il pagamento immediato della somma di Euro 25.000,00, in applicazione dell’art. 13 del Decreto Legge n. 23/2020.
Il soggetto in questione ha sostenuto che, dalla chiara disposizione normativa del richiamato art. 13, si evincerebbe inoppugnabilmente che alla banca erogatrice è vietato qualsiasi esame sulla concessione o valutazione del merito creditizio, dal momento che è la legge a prevederlo espressamente, e che la banca convenuta aveva l’obbligo di erogare il finanziamento.
Il Tribunale di Monza, esaminato il reclamo, con ordinanza del 4 marzo 2021, ha stabilito quanto segue: “Il nuovo strumento delineato dall’art. 13 citato a beneficio delle imprese colpite dalla pandemia si caratterizza quale forma di intervento di sostegno all’impresa da realizzare mediante erogazione di danaro posta a carico della banca, a titolo di finanziamento (non già di elargizione), assistita dalla concessione di una garanzia gratuita da parte del Fondo di garanzia per le piccole e medie in favore del finanziatore.
In sostanza, al processo di erogazione del credito, demandato alla banca finanziatrice, è associato il rilascio di una garanzia pubblica a copertura del debito, con funzione di “stimolo” e facilitazione indiretta alla concessione del credito, posto che, grazie alla garanzia statale, possono rendersi non necessarie altre garanzie aggiuntive a carico dei beneficiari.
Dall’operatività automatica della garanzia pubblica non è possibile, però, derivare l’automaticità nell’erogazione del credito, né dal fatto che le banche possano procedere all’erogazione senza attendere l’accoglimento della domanda da parte del Fondo, mediante un’istruttoria “semplificata”, discende che, nella fase di erogazione del credito, il finanziatore sia esonerato dal compiere un’analisi del merito creditizio dei richiedenti (o, quantomeno, porsi nelle condizioni di potersi rappresentare una prognosi favorevole circa l’effettivo rimborso del prestito) e, prima ancora, della sussistenza dei presupposti legittimanti l’erogazione finanziaria, cioè che la situazione di crisi sia temporanea ed indotta dagli effetti della pandemia.
Infatti, la nuova disciplina si limita a delineare alcuni passaggi del procedimento di erogazione del credito ed a prevedere il rilascio della garanzia pubblica in modo da agevolare l’accesso al finanziamento, ma non intende affatto stabilire che la banca sia obbligata a concludere contratti ed a concedere i finanziamenti delineati dalla norma.
Se avesse voluto porre il finanziatore in stato di soggezione rispetto alla richiesta di finanziamento, il legislatore lo avrebbe detto esplicitamente, come accaduto per la richiesta di moratoria ai sensi del c.d. Decreto “Cura – Italia“.
TRIBUNALE DI CAMPOBASSO.
Ancora, il Tribunale di Campobasso, chiamato a pronunciarsi su vicenda analoga, con ordinanza del 23 aprile 2021, ha precisato: “è proprio la garanzia statale che consente un più agevole accesso al credito bancario, ma ciò non comporta alcun automatismo nella concessione del credito: non è previsto, quindi, che una volta concessa la garanzia da parte del Fondo la banca sia obbligata a erogare il finanziamento.
Dunque è escluso – perché non previsto dal legislatore nella normativa richiamata – che l’erogazione del finanziamento sia “automatica” e svincolata dalla valutazione del merito creditizio, oltre che dai presupposti soggettivi per rientrare nell’ambito di applicabilità della norma (ossia il fatto che la situazione di crisi sia temporanea ed indotta dalla pandemia e, quindi, non preesistente e che si tratti di una piccola o media impresa).”
TRIBUNALE DI TERMINI IMERESE.
Un’ulteriore conferma dell’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di merito proviene dal Tribunale di Termini Imerese, il quale ha evidenziato che: “il decreto di liquidità non esclude il dovere delle banche di operare una valutazione del merito creditizio dei beneficiari, né conseguentemente, fa venir meno il loro obbligo di una sana e prudente gestione del risparmio”. Ed ancora: “esso non consente l’erogazione ‘a pioggia’ di finanziamenti, quanto piuttosto facilita la concessione del credito in favore delle imprese che, di volta in volta, vengono riconosciute dalle banche (le quali, operando sul territorio, meglio conoscono il tessuto imprenditoriale), come affidabili (v. in tale senso anche Tribunale di Bologna ord. 2.10.2020; Tribunale di Caltanisetta ord. 11.11.2020).”.
CONCLUSIONI.
In tutti i giudizi richiamati, la giurisprudenza ha riconosciuto come corretto l’operato dell’intermediario, che, prima della concessione del finanziamento, ha valutato il merito creditizio e la sussistenza dei requisiti soggettivi del richiedente, in quanto ritenuto improntato ai principi di prudenza nell’erogazione del credito.
È possibile, dunque, concludere che non esiste un “diritto al finanziamento” da parte dei clienti di una banca, né un obbligo a contrarre da parte di quest’ultima, in quanto vige il principio dell’autonomia negoziale delle parti. E tanto varrà fintanto che non venga emanata una norma che, in considerazione della particolarità del periodo, espressamente escluda l’esistenza di un obbligo delle banche di concedere i finanziamenti esclusivamente in presenza dei requisiti indicati dalla norma e previa valutazione del merito creditizio.
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L'avv. Alessandra De Benedittis si occupa di diritto civile, commerciale e societario. Nel 2009 consegue la laurea specialistica cum laude in Giurisprudenza presso l'Università del Salento e nel 2012, dopo l'abilitazione alla professione forense, entra a far parte dello studio. E' specializzata nel contenzioso civile e presta assistenza legale stragiudiziale e contrattuale per decine di PMI.
L'avv. Alessandra De Benedittis si occupa di diritto civile, commerciale e societario. Nel 2009 consegue la laurea specialistica cum laude in Giurisprudenza presso l'Università del Salento e nel 2012, dopo l'abilitazione alla professione forense, entra a far parte dello studio. E' specializzata nel contenzioso civile e presta assistenza legale stragiudiziale e contrattuale per decine di PMI.
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