Stefania Auci Dopo aver frequentato il liceo classico “Ximenes” a Trapani, e la laurea in Giurisprudenza a Palermo, ha iniziato a lavorare in uno studio legale prima di dedicarsi all’insegnamento. Sin dai tempi dell’università si è dilettata nello scrivere fino alla pubblicazione del suo primo romanzo, Florence, nel 2015. Due anni dopo è seguito il saggio La cattiva scuola scritto con Francesca Maccani e, da ultimo, sempre per Editrice Nord, (2021) L’inverno dei leoni.
I leoni di Sicilia rappresenta la storia della famiglia Florio, che riesce con determinazione e volontà a raggiungere traguardi inimmaginabili e a trasformare il volto della Sicilia. Le vicende familiari dei personaggi si intersecano con la storia di Palermo, della Sicilia e del Mezzogiorno che irrompe nella vita dei Florio, modificandone nel bene o nel male le scelte.
Il romanzo si apre con il terremoto del 16 ottobre 1799 in Calabria. Siamo a Bagnara Calabra, in piena notte, quando la casa dei fratelli Ignazio e Paolo Florio inizia a tremare. Con i due fratelli vivono la moglie di Paolo, Giuseppina, e i suoi figli Vincenzo, neonato, e Vittoria, di nove anni. Ignazio e Paolo decidono di lasciare la loro terra dilaniata da povertà, brigantaggio e terremoti e tentare una seconda vita a Palermo, dove con l’aiuto del cognato commerciante, aprono un’aromateria, una bottega di spezie e prodotti coloniali. La bottega, grazie al loro modo di fare gentile e onesto e al loro fiuto per gli affari, diventa la più fiorente della città. E con il successo arrivano anche le inimicizie di famiglie concorrenti e degli altri commercianti che li definiscono con disprezzo bagnaroti, per rimarcare la loro origine povera.
Dopo la morte di Paolo è il fratello Ignazio a prendere le redini degli affari di Casa Florio. Con lui gli affari si stabilizzano e le reti commerciali si espandono. Ignazio segue inoltre la formazione del piccolo Vincenzo che, alla sua morte, a 29 anni prende in mano le sorti della famiglia, che ormai è una delle più potenti della Sicilia, scontrandosi talvolta con la nobiltà dell’Isola.
Se la fortuna dei fratelli Paolo e Ignazio era il cortice, la corteccia di china che cura la malaria, con Vincenzo, che da giovane aveva visitato la ricca Inghilterra e ne aveva ammirato l’innovativa carica industriale, la produzione aumenta, grazie all’acquisto di un macchinario per velocizzarne la lavorazione. Non solo, Vincenzo diversifica i suoi affari: dalla navigazione allo sfruttamento delle solfatare fino alla tonnara con l’innovativo metodo di conservazione e commercializzazione del tonno sott’olio. Inoltre fu molto attivo, come molti borghesi dell’epoca, sul piano civico.
La narrazione non manca di sottolineare il ruolo di legami familiari e del sentimento che va oltre le convenzioni sociali, come quello di Giulia, borghese di origine milanese, che diventerà moglie di Vincenzo solo avergli dato il terzo figlio, ovviamente con tanto scalpore per la società dell’epoca.
Stefania Auci ci regala una narrazione scorrevole, con descrizioni di luoghi e personaggi che non solo non appesantiscono il racconto, ma anzi lo impreziosiscono, facendoci quasi rivivere le atmosfere palermitane ottocentesche. Per questo l’autrice ci regala anche pezzi di dialogo in dialetto, che rendono il sapore della parlata del luogo. All’inizio di ogni sezione, la breve sintesi degli avvenimenti storici contemporanei ai fatti narrati consente di inserire le vicende dei Florio nel loro contesto storico e sociale, dalla fuga dei Borbone in Sicilia sotto Napoleone, alla nascita dello Stato Unitario.
In ogni pagina emerge l’enorme lavoro di ricerca che ha preceduto la stesura dell’opera. Una Palermo di inizio Ottocento prende vita davanti agli occhi del lettore in ogni minimo dettaglio, con accuratezza e vividezza intense. Quella dei Florio è una storia incredibile e affascinante di per sé, ma nel romanzo si affrontano anche tematiche importanti come la discriminazione tra classi sociali e la figura della donna, che a quei tempi doveva a fatica conquistare il proprio spazio in un mondo governato dagli uomini. Quella realtà viene esposta in modo limpido e inequivocabile, senza falsa retorica o luoghi comuni, e ha il profumo dei grandi classici.
Una citazione:
“Era strana, la Sicilia: il re non aveva alleati tra la nobiltà, anzi. I nobili siciliani erano piuttosto in competizione con la Corona, perché il re era un estraneo, venuto a imporsi a casa loro. Iddi, invece, in Sicilia ci vivevano da generazioni, alcuni dai tempi di arabi e normanni. L’avevano creata loro, quell’isola, con il loro potere, i riti, il sangue e i matrimoni, impastandola con il sale, la terra e l’acqua di mare. Ed erano bravissimi a muovere le masse di cafoni e poveracci a proprio piacimento. Loro accendevano il fuoco, ma lo facevano maneggiare alla povera gente che, inevitabilmente, si bruciava”.
Maria Pia Carlucci
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